La recita nel teatro vuoto diventerà una lezione di “responsabilità”
Un professore delle superiori porterà in classe l'esperienza dell'attore andato sul palco comunque di fronte ad una platea inesistente, sabato scorso
Gentilissima redazione di VareseNews,
attraverso la vostra testata, vorrei far arrivare all’attore Giovanni Mongiano, il messaggio che il suo spettacolo messo in scena Sabato 9 aprile, al Teatro del Popolo di Gallarate, non è stato “cosa vana”, come potrebbe sembrare ad un primo e superficiale approccio.
Mongiano, infatti, scegliendo di recitare ugualmente davanti ad un teatro completamente vuoto, ha compiuto un’azione decisamente inusuale e per questo degna di grandissima ammirazione.
Egli, probabilmente, non immagina quanto sia stato potente quel gesto, anzi, forse lo sa benissimo e per questo ha voluto donarcelo.
Sono un insegnante di Religione di una scuola superiore di Gallarate e questa settimana ho deciso che cambierò programma e farò lezione raccontando questa incredibile storia per trasmettere e “insegnare” qualcosa che non riuscirei ad esprimere neanche con mille altre parole.
Con le mie classi quarte, stiamo riflettendo sulla “responsabilità”, sul valore delle nostre azioni, dei nostri gesti, delle nostre parole e degli effetti che questi provocano in chi ci è attorno, anche quando sembra che il nostro agire sia inutile, non conveniente o privo di senso.
Questa “lezione” di Mongiano ritengo che valga più di ogni mia parola che possa spendere in classe.
Voglio far salire lui sulla cattedra e mettermi anch’io ad ascoltarlo con grande stupore ed ammirazione perché la sua non è stata una semplice recitazione ma una grande “lezione” per tutti.
E’ una gran lezione anche per me, per ogni altro professore o per ogni altra persona che, nell’esercizio della propria professione, si confronta con un “pubblico”, siano essi gli alunni di una classe, i giocatori di una squadra, degli spettatori o dei clienti.
Proprio all’inizio di questo anno scolastico, ho utilizzato la metafora del “teatro e del palcoscenico”, ispiratami da una frase di Galileo che afferma che “Il buon insegnamento è per un quarto preparazione e per tre quarti teatro”, scrivendo che “da 25 anni sono su quel meraviglioso ‘palcoscenico’ che è la scuola e come un attore che non trasmette la passione, non può coinvolgere ed emozionare il suo pubblico, così se io non sono appassionato di ciò che faccio e di ciò che insegno, non posso pretendere che lo siano i miei allievi”.
La testimonianza di Mongiano, mi ha aiutato rimarcare l’importanza della “passione e dell’amore” per ciò che facciamo nella nostra vita, quale vero motore e fine di tutto il nostro agire.
Mi ha aiutato a riscoprire e a ripensare al valore del mio vivere la professione di insegnante, anche quando sembra che i miei “spettatori” non ci siano, non siano poi così “presenti”.
Ci ha donato esempio di una grande generosità nella semplicità.
In una società sempre più esasperata dalla visibilità, dal bisogno di mostrare ogni azione, dalla ricerca smodata e ossessiva di applausi e di approvazione, fatta di “like” sui social, suona stranissima, persino assurda, la scelta di fare un intero spettacolo senza neanche una persona in sala.
“Parlare ai muri” è l’espressione utilizzata quando la gente non ci ascolta e questa volta Mongiano lo ha fatto davvero ma ci ha mostrato che non è stato inutile. Non solo ci ha mostrato ma ci ha soprattutto insegnato o ricordato una grande verità: ciò che facciamo ha eminentemente valore, non per gli altri bensì per noi stessi e dobbiamo “recitare” sempre, comunque e al meglio, anche se non abbiamo garanzia di avere né un pubblico, né degli applausi.
Ringrazio Mariangela Gerletti, la giornalista di Varesenews che ha avuto la sensibilità di saper cogliere tutto ciò: quella che “poteva essere una serata da dimenticare, il noto attore l’ha trasformata in una poetica dichiarazione d’amore per il teatro”.
Immagino che per l’attore sia stata la performance più riuscita e più “sentita” della sua carriera perché, forse per la prima volta, l’ha fatta tutta per sé, l’ha dedicata tutta a se stesso, con quella intensità emotiva tipica della contemplazione, che regala anche la vera preghiera e meditazione, capaci di farci entrare in intimità con il nostro “io” più profondo e al tempo stesso con coloro che incontriamo nella vita.
Ecco perché, una scelta apparentemente priva di senso, per taluni forse anche “stupida”, è in realtà una dichiarazione d’amore profondissima, di quelle che ci riescono poche volte nella vita.
Grazie Giovanni Mongiano
“Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto… trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole” (da “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono)
Luigi Rutigliani
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