Ebrei in fuga e antifascismo, gli intrecci nella Resistenza varesina

Alcuni particolari relativi alla storia dei Nissim e a quella di grandi antifascisti come Calogero Marrone e Don Franco Rimoldi

Avarie

Durante la commemorazione di oggi a Cunardo in occasione della consegna della cittadinanza onoraria a Daniele e Lea Nissim, gli ebrei scampati dalle persecuzioni razziali per 18 mesi nascosti nella casa dell’antifascista Giacinto De Grandi, ha partecipato anche Ester de Tomasi, presidente dell’Anpi di Varese (nella foto, la famiglia Nissim).

Nel suo intervento – a cui è seguita la presentazione di un breve spettacolo teatrale da parte di Silvia Sartorio che proponiamo in VIDEO – Ester De Tomasi ha fatto accenno ai numerosi intrecci delle sorti della famiglia Nissim con quelle della resistenza varesina, ricordando alcune pagine memorabili di storia che Varesenews ha ritrovato e volentieri propone.

In particolare si faceva riferimento a “Fascismo, guerra e società nella Repubblica Sociale Italiana, (Varese 1943-1945”, di Franco Giannantoni con prefazione di Luigi Zanzi, Franco Angeli Editore, collana di Franco della Peruta e Marino Berengo.
Alle pagine 737 e 738 nelle Note al capitolo X del libro citato ecco le notizie riportate dall’autore sulla famiglia Nissim, notizie recuperate attraverso un’altra grande figura di importanza fondamentale per la lotta partigiana e per il salvataggio degli ebrei, quella di Anna Sala Gallini, oggi 97enne, partigiana di GL che nascondeva e trasportava i documenti falsificati da Calogero Marrone.

ECCO IL TESTO

Fra le famiglie ebraiche che si salvarono al completo, rifugiandosi nella campagna varesina, ci fu quella di Paolo Nissim, rabbino di Padova. La famiglia Nissim, giunta a Varese verso la fine di novembre 1943 dopo che nella città veneta si era scatenata la repressione antisemita, non riuscì a raggiungere la Svizzera come avrebbe desiderato, ma per il concreto aiuto dell’ingegner Giacinto De Grandi, legato al movimento di Resistenza, trovò ospitalità in una casa di Cunardo dove rimase sino alla Liberazione.
Organizzatrice del viaggio da Padova a Varese e poi a Cunardo di Paolo Nissim, 35 anni, della moglie Ada Levi, 30 anni, dei figli Lea e Daniele di 5 anni e di un mese, della suocera Gemma Levi, 58 anni e della cognata Anna, 15 anni, fu la studentessa universitaria Anna Sala di Varese, 22 anni, partigiana del movimento “Giustizia e Libertà”.
Amica dei Nissim, conosciuti qualche anno prima, durante il suo soggiorno a Venezia dove aveva frequentato la Università di Ca’ Foscari, Anna Sala, intuendo il pericolo che i Nissim correvano, si trasferì a Padova dove riuscì a rintracciarli. Consegnò loro dei documenti di identità falsi ricevuti dal Capo dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Varese Calogero Marrone poi arrestato dai tedeschi il 7 gennaio 1944 e morto in un campo di sterminio. Paolo Nissim divenne Ugo Marinelli di Campobasso, Gemma Levi divenne Ida Rovelli vedova Torneamenti di Caserta, Ada e Anna Levi divennero Ada e Anna Torneamenti, Lea e Daniele Nissim divennero Lea e Daniele Marinelli. Consegnati i documenti, Anna Sala ripartì in treno per Varese.
Giunti a Varese in treno i Nissim alloggiarono all’Albergo Magenta (nda: ora sede Mc Donald’s presso le Stazioni Nord Varese). L’indomani del loro arrivo, l’albergo venne perquisito dalle SS tedesche che però non scoprirono la famiglia ebrea, ospitata in una camera dell’ultimo piano.
A mezzogiorno – ricorda Anna Sala – i tedeschi se ne andarono ma per i Nissim non era più possibile restare lì. Preclusa la possibilità di raggiungere la Svizzera per l’arresto della guida incaricata dell’operazione al Gaggiolo, mi rivolsi all’ingegner De Grandi che mise a disposizione una sua casa a Cunardo. Ricordo che con un taxi raggiungemmo il paesino.
I Nissim riuscirono a sistemarsi a poco a poco, senza mai destare alcun sospetto. Il loro stato di “sfollati” dalle “terre invase” del Sud permise l’ottenimento delle tessere annonarie e postali. Queste ultime furono reperite dal futuro Capo di Stato Maggiore del CVL Luciano Comolli che aveva il padre, impiegato dell’Agenzia delle Poste di Sant’Ambrogio Olona sopra Varese dove abitava la Sala. Anna Levi addirittura poté da un certo momento venire ogni giorno a Varese a lavorare come infermiera presso lo Studio medico dentistico del dottor Giancarlo Bonazzola. Io spesso andavo a Cunardo a portare ai Nissim del cibo. Non furono mai scoperti”

Ma oltre a Calogero Marrone e Anna Sala anche di un’altra importante figura è stata ricordata nella giornata di oggi dalla moglie di Daniele Nissim, Mirella Cauders, ed è quella del parroco Don Franco Rimoldi.

Mirella Cauders, che oggi vive in Israele col marito, ha voluto ricordare la figura del parroco (IL VIDEO) raccontando un episodio della storia della sua famiglia, di quando i genitori passarono il confine grazie all’interessamento del sacerdote.

CHI ERA DON FRANCO RIMOLDI (dal seminario di studio del 30 aprile 2015) 

Don Franco Rimoldi nacque a San Vittore Olona il 4 giugno del 1904 e nel 1932 venne destinato dal Cardinale Schuster a Varese come coadiutore presso l’Oratorio della Motta dove rimase fino al 1948. Il suo lavoro presso questa sede parrocchiale di ritrovo per i giovani è stato intenso: si pensi alla nuova Cappella, alla sede di ritrovo per i giovani, alle passeggiate estive, al teatro, ma prezioso è stato soprattutto l’insegnamento dato ai suoi ragazzi dei valori della democrazia e della dignità umana durante gli anni del fascismo.
Era un uomo di una versatilità d’ingegno veramente straordinaria – se n’intendeva proprio di tutto: poesia, musica, pittura, ecc.- ciò però che
più manifesta appariva era una grande bontà, che traspariva dalla sua stessa fisionomia, subito
ispirante tanta confidenza…
Durante la guerra, che portò via i suoi giovani, Don Franco diede vita ad un bollettino “Radio A.C.S.U.M.” (Associazione Cattolica San Vittore
Martire), periodico che inviava sui vari fronti della guerra e con il quale, quindi, riuscì a mantenere un contatto con i giovani chiamati alle armi, in quanto portava a loro le notizie dell’Oratorio permettendo così un proficuo rapporto epistolare.

Nell’estate del 1943, con l’instaurazione della Repubblica di Salò e la conseguente guerra civile, anche a Varese si formarono i nuclei di
Resistenza. Cominciarono gli orrori della persecuzione e in questo contesto si distinse l’opera benevola di don Franco: aiutò molti
perseguitati politici, famiglie di ebrei, giovani renitenti alla leva; a tutti diede conforto ed aiuto, mettendo a repentaglio la propria vita. Grazie alla collaborazione con un dipendente dell’ufficio anagrafe del Comune di Varese, Calogero Marrone, riuscì a falsificare molti documenti, facilitando così l’espatrio in Svizzera di molte famiglie di ebrei perseguitati. Entrato in contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale
aiutò moltissimi partigiani e più volte diede ospitalità notturna, presso il salone teatro dell’Oratorio, a giovani ricercati dalla polizia.
Nella notte del 30 aprile 1944 la polizia nazifascista, che sorvegliava da tempo Don Rimoldi, mise a soqquadro la casa del sacerdote
e, mentre veniva rimosso un quadro dal muro, cadde a terra un timbro del Distretto militare di Varese che veniva utilizzato per falsificare i documenti.

Don Franco Rimoldi venne arrestato e condotto al Carcere di San Vittore a Milano, nel “braccio” tenuto dai tedeschi. Fu sottoposto a molte percosse, interrogatori estenuanti, minacce di morte; anche in questa occasione si adoperò per aiutare ed incoraggiare i compagni di prigionia. Dopo qualche mese venne liberato grazie all’intervento dell’Arcivescovo Schuster di Milano e costretto al confino politico a Cesano Boscone, presso l’Istituto “Sacra Famiglia”, dove rimase fino alla Liberazione.
Ritornò a Varese nel 1945 e qui continuò la sua opera caritatevole adoperandosi per evitare le vendette indiscriminate e inumane, aiutando a
recuperare e a riconoscere le vittime della battaglia di San Martino, per dare loro un’onorata sepoltura e dando notizie alle famiglie di persone detenute al San Vittore.

Il 7 settembre del 1965 Don Franco Rimoldi morì per un collasso cardiaco presso l’ospedale di Friburgo, dove si era recato con il parroco di
Casbeno, don Ubaldo Mosca, in pellegrinaggio al santuario di Einsiedeln. Ora la sua salma riposa nella cappella di famiglia a San Vittore Olona

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Pubblicato il 19 Ottobre 2017
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