“Ma l’autogestione a scuola ha ancora un senso?”
Dopo l'episodio del video hard girato al liceo Virgilio di Roma, un lettore s'interroga sul senso di uno "stanco rito qualunquista e giovanilista"

Nel clima di generale e avvolgente degrado dell’etica pubblica che domina il nostro paese non sarebbe sorprendente se qualche responsabile della cosa pubblica arrivasse a fare l’elogio delle ‘autogestioni’, come fece tre anni fa Davide Faraone, un sottosegretario del ministero dell’Istruzione di quel governo Renzi che ci avrebbe poi regalato la “Buona Scuola” e l’alternanza scuola-lavoro.
Per la verità, dopo quanto è successo al Liceo “Virgilio” di Roma con il video pornografico (si tratta di un video hard con studenti che fanno sesso in classe durante l’occupazione e poi condiviso via whatsapp ndr. ) e dopo quanto successe alcuni anni fa al liceo “Parini” di Milano con l’allagamento dei locali dell’edificio scolastico (episodi entrambi verificatisi nel corso delle cosiddette ‘autogestioni’), risulta abbastanza improbabile che si possa valorizzare quello stanco rito qualunquista e giovanilista a cui, tranne rare e lodevoli eccezioni sia tra le scuole che tra gli studenti, si sono ridotte consimili autogestioni, nel migliore dei casi ‘kermesse’ di carattere goliardico e nel peggiore campi di esercitazione del teppismo.
Laddove è doveroso sottolineare la palese contraddizione tra l’efficientismo tecnocratico e meritocratico, esaltato ad ogni piè sospinto dai riformatori governativi della scuola italiana, e il ‘leitmotiv’ dell’incoraggiamento all’“emancipazione accidiosa” delle nuove generazioni studentesche, che risuonava nel paradossale elogio delle ‘autogestioni’ tessuto da quel sottosegretario, il quale evidentemente riteneva, dichiarandolo ‘apertis verbis’, che per uno studente il parteciparvi fosse un titolo di merito, una sorta di equivalente, si direbbe, di quel rito di iniziazione maschile che per i nostri nonni era l’ingresso nel postribolo e per la mia generazione il servizio militare.
Ma vi è di più, poiché il Faraone, rivelando un totale disprezzo per la categoria degli insegnanti, non si peritò di affermare che “in alcuni casi le occupazioni sono più formative delle ore passate in classe”.
E tuttavia, se un metodo vi è in questo genere di follia, esso va individuato nella miscela micidiale di tecnocrazia e populismo, con la quale è stata destrutturata la scuola e deformata la stessa funzione docente, che è quanto dire la spina dorsale e il cuore pulsante della nazione nel campo dell’etica pubblica.
Eros Barone
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