Pierantozzi, un ex magistrato con Albertini: “Onestà e lavoro”

E' stato procuratore capo di Varese, ora è il capolista di Lombardia Civica, la lista montiana che sostiene la candidatura dell'ex sindaco di Milano

A Varese, Giovanni Pierantozzi è molto conosciuto per la sua grande esperienza come procuratore della repubblica. Dopo cinquant’anni di magistratura, ha accettato di candidarsi per la lista che, alle elezioni regionali, sostiene Gabriele Albertini (Lombardia Civica): «Sono nuovo dell’ambiente diciamo – osserva con ironia – me lo ha chiesto Albertini stesso e ho accettato per stima nei suoi confronti. Mi ha detto che per tanti anni avevo lavorato come servitore dello stato, e che adesso potevo diventare un servitore del bene pubblico in Lombardia».
Pierantozzi ha ancora un ruolo nel comitato dell’Expo che deve denunciare eventuali infiltrazioni mafiose. «Un compito delicato, che potrebbe persino esporci al rischio di critiche se non saremo bravi a individuare quei professionisti della criminalità che oggi sono bravissimi a occultarsi tra gli appalti». Da tre anni ha lasciato il suo ultimo incarico in magistratura, procuratore generale a Trento: «Città bellissima, dove si vive davvero in armonia, come Varese, città che ho adottato come mia residenza e in cui arrivai nel 1960, proveniente da Genova».
Che cosa farà in regione?
«Vorrei essere un portabandiera dell’onestà. Albertini me l’ha chiesto e io mi sono detto, provo».
Non teme di restare deluso dalla politica?
«Beh, a dir la verità, è un ambiente che ho sempre tenuto a distanza, e che ho sempre guardato con un po’ di sospetto, dove volteggiano spesso promesse da marinaio, e impegni miracolistici. Però vorrei entrare per portare qualcosa di diverso. Viviamo un momento spaventoso sul profilo dell’onestà».
Ci sono stati molti scandali in regione?
«Alcune inchieste sono ancora in itinere, quindi aspettiamo. La politica è sempre da prendere un po’ con le pinze, c’è chi dice di salire e chi dice di scendere, come fossero un grattacielo, o una miniera. Io non salgo, non scendo, ma rimango immobile con i piedi a terra. Mi sono posto quattro obiettivi».
Quali?
«Lavoro, solidarietà, etica e cultura. In Italia la cultura dovrebbe essere il primo obiettivo da raggiungere e devo dire che Monti un po’ questo l’ha tenuto in considerazione».
Che ne pensa delle grandi opere, come Brebemi o Pedemontana?
«Io arrivai qui nel 1960, e in tanti anni ho visto a che cosa porta l’immobilismo. La situazione viabilistica è peggiorata. Sono doverose, farle è un imperativo categorico».
E l’ospedale del bambino al Del Ponte va costruito?
«Negli ospedali ci vogliono i macchinari per tutte le emergenze. In questo caso sembra che al Del Ponte non ci siano tutti quelli necessari. Potrebbe essere un doppione. L’ospedale mi lasci dire, però, per esperienza personale, è un luogo con professionalità straordinarie, quasi commoventi».
La nomina dei primari è troppo condizionata dalla politica?
«Sì, ma è un difetto anche di altri mondi. Si dice spesso che la massoneria o CL se ne infischino della meritocrazia e puntino a sistemare del personale che sia loro. Il commento non può che essere negativo».
Che si può fare?
«Ci vuole un organo serio di controllo che impedisca questi giochini».
Malpensa è cresciuta a scapito del territorio?
«Io ammiro l’aeroporto. E’ una pista naturale, sembra quasi che voglia abbracciare gli aerei. Mi dispiace per chi ha costruito le casette lì vicino, ma le piste c’erano già prima».
In conclusione, che messaggio vuole dare?
«Bisogna dare lavoro, aiutare le imprese, creare occupazione. Il presente è preoccupante, se si combatte la disoccupazione, migliorerà anche il resto».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Febbraio 2013
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