Diecimila presenze a Filosofarti. “Un affetto che non lascia indifferenti”
I volontari che hanno animato il festival rilanciano l'appello al Comune. "Vogliamo tornare alla gratuità totale e al sostegno alle realtà associative che collaborano"
Diecimila presenze – vere, contate una a una – e una grande partecipazione anche al sostegno economico: Filosofarti chiude l’edizione 2018 con soddisfazione e con una speranza. «Siamo convinti che questo affetto per il festival, la bella mobilitazione di tanti cittadini non possano lasciare indifferente l’amministrazione pubblica», spiegano i volontari.
A una settimana e mezzo dalla fine del festival dedicato al tema “Paideia-educare”, gli organizzatori snocciolano i numeri diligentemente raccolti per dare un quadro dell’esperienza della quattordicesima edizione. A partire da 10.161 presenze, contate evento per evento, e proseguendo con 24.502 visualizzazioni su Facebook, con 7620 interazioni.I numeri del social più utilizzati aiutano anche a fare un’analisi che consente di capire l’evoluzione del pubblico. «Un target d’età che si è abbassato: intercettiamo molti giovani, non solo studenti delle scuole. La fascia d’età 18-34 anni è la nuova utenza che anima il festival», spiega Cristina Boracchi.
Dal punto di vista economico, il festival riesce a chiudere in pareggio. Con uno sforzo quest’anno davvero straordinario: «Li abbiamo raccolti a 2 euro alla volta, a 5 euro alla volta» sintetizzano. Nella colonna delle uscite il dato finale è di 38.621,01. «Più bassa del previsto, perché qualcuno dei relatori si è commosso e non si è fatto pagare. Veltroni per esempio è stato così contento della presentazione di Angelo Croci, ha visto le primule e ha persino rinunciato alla sua retribuzione». Nel computo delle uscite da pareggiare non ci sono «le spese sostenute dai volontari», comprese quelle 600 ore d’impegno volontario del gruppo organizzatore.
Nella colonna delle entrate il numero finale 39.371,94 euro. Il ringraziamento va ai 52 sostenitori che hanno partecipato al crowdfunding online (per 2230 euro), oltre che a chi ha donato o ha acquistato i gadget direttamente agli eventi. Molto più che un “biglietto”: contribuire a Filosofarti è un segno di appartenenza a un progetto. Come racconta la partecipazione di persone che hanno donato e hanno seguito da alre città. Come racconta, nella sua donazione, Sara, una delle tante persone che ha aderito al crowdfunding: “La cultura offerta gratuitamente è segno di civiltà. Sostenere questo progetto è già Paideia”, è già una forma di educazione.
Poi ci sono gli sponsor: da Betafence, «che ha completato la raccolta fissata a 5000 euro del crowdfunding», a Openjobmetis che ha sostenuto le spese dell’incontro con Gad Lerner, al Cinema Teatro delle Arti (quindi il Decanato) che ha offerto la sala di via don Minzoni per tanti eventi, al Malpensa Uno (che ha dato anche visibilità nel centro commerciale), dall’Astoria che ha ospitato alcuni relatori a Yamamay magliette, alle Acli che hanno aggiunto un contributo in “corsa”.
E ancora l’impegno anche delle tante realtà culturali e associative gallaratesi: «Questo festival è possibile perché molti enti ci mettono del proprio, ogni associazione o gruppo» ricorda Cristina Boracchi. Che da qui riprende il tema del taglio pressoché totale del contributo al festival: «I mancati finanziamenti hanno davvero colpito molto il festival, ma contemporaneamente ha attivato anche molte risorse che non si erano mai affacciate. È un buon segno, ma non è detto che si attiveranno ancora: ci sono state realtà che si sono attivate per alcuni eventi precise». E quest’anno la “chiamata” per salvare il festival ha avuto un peso particolare. «Da qui a dire che Filosofarti è autonoma e non ha bisogno di contributi, ce ne corre.»
Il bilancio finale dell’edizione 2018 è quindi anche un appello forte al Comune: «Siamo convinti che questa affiliazione forte, questo affetto per il festival, la bella mobilitazione non possano lasciare indifferente l’amministrazione pubblica. Ogni festival ha ricevuto contributi, tranne Filosofarti. Ce l’abbiamo fatta mettendoci del nostro, partendo da un deficit insostenibile. Come ha riconosciuto anche Sandrina Bandera» (presidente del Maga, ndr).
Rimane un doppio rimpianto. «Non abbiamo potuto mantenere la gratuità totale degli eventi e ci è dispiaciuto molto, perché è una cosa che abbiamo garantito fin dall’inizio di questa esperienza, un obbiettivo condiviso anche da monsignor Valagussa. Perché la cultura deve essere accessibile da tutti. E poi ci spiace non aver potuto – come abbiamo fatto negli anni scorsi, con contributi – contribuire alle spese degli altri enti. Non a copertura, ma almeno per garantire una compartecipazione sulle spese fatturabili».
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