Cinque province, un centralino: ogni giorno 6000 chiamate al 112
Dal 6 novembre, il 112 NUE di Varese risponde anche a chi chiede aiuto da Bergamo. Dodici gli operatori per turno. Superato il timore di "non capire il bergamasco stretto"
Cinque province per un totale di quasi 4 milioni di abitanti, tutti serviti da un unico centralino d’emergenza. Da circa un mese, la centrale operativa del 112 di Varese serve un territorio che comprende le province di Monza e Brianza ( dal primo ottobre), di Como e Lecco ( dal 23 ottobre scorso) e di Bergamo dal sei novembre.
Ogni giorno, gli operatori rispondono a ben 6000 chiamate. Il trend è lo stesso registrato nel varesotto nei due anni di sperimentazione: si tratta di chiamate destinate soprattutto a carabinieri e alla polizia, seguite dal soccorso sanitario e dai vigili del fuoco: « Le richieste di aiuto ai vigili del fuoco sono particolari – spiega il responsabile del servizio 112 NUE Guido Garzena – perchè, di solito, si concentrano in un tempo ristretto: come nel caso di un’alluvione dove le telefonate arrivano nello stesso momento. In questi casi, una volta occupate le linee del 112, la telefonata va direttamemnte al numero preselezionato dall’utente, il 115».
La provincia più vivace, quanto a richieste, sembra essere quella di Monza da dove, in questo primo mese, è partito il maggior numero di richieste di intervento. Varese e Bergamo si equivalgono abbastanza, mentre più contenute sono le telefonate che partono da Como e Lecco.
Il servizio, che permette di geolocalizzare con precisione la chiamata e che si avvale di interpreti di dieci lingue diverse (dall’inglese, al tedesco al cinese, all’albanese), è assicurato da squadre di 12 operatori diurni e 6 notturni, reclutati tra dipendenti distaccati delle aziende ospedaliere e i lavoratori in mobilità: « Non è un lavoro facile – spiega il dottor Garzena – bisogna avere molta pazienza e tenuta psicologica. Inoltre stiamo lavorando per abbassare a 30 secondi il tempo medio di gestione della domanda. Abbiamo personale formato e preparato anche a sopportare la tensione. In questi mesi di lavoro abbiamo avuto un abbandono molto basso».
La difficoltà maggiore a gestire un territorio così ampio? « Temevamo per i dialetti stretti, soprattutto quello bergamasco. Ma è filato tutto benissimo»
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