La pioggia ha messo in crisi anche i pastori
Come ogni anno oltre mille pecore sono arrivate dalle valli bergamasche sulle rive del lago di Varese. I campi allagati e 400 agnelli nati in ritardo sono un problema in più da gestire
Un agnellino si è rifugiato sul carro. È debole, ha preso troppa pioggia e fatica a reggersi in piedi. Va allattato con il biberon e tenuto al caldo. Nei campi di Azzate che lambiscono il lago di Varese ce ne sono altri 400. Se ne stanno riparati nel bosco, perché c’è acqua e fango ovunque, un’immensa distesa di risorgive. Belano e cercano le madri in continuazione che brucano poco lontano. «Sono come dei bambini» dice Roberto, il pastore. «Molti sono gemelli ed è un problema perché vengono abbandonati dalle madri. Sono tutti nati in ritardo, a novembre, anziché a settembre e ottobre quando avevo un aiuto e non c’era questo tempaccio che rende nervosi anche i cani».
Roberto ha 42 anni e viene da Schilpario in provincia di Bergamo. Una roulotte, una jeep e al seguito oltre mille pecore da lana e carne. «Sono animali che sopportano tutto, ma non la pioggia intensa di questi giorni. Per noi pastori è un vero problema». Si fermerà qualche giorno in riva al lago, come prima di lui faceva suo padre. «Non potrei fare altro nella vita perché non potrei dipendere da qualcuno. È un lavoro che oggi permette di guadagnare quanto basta per vivere se si fa anche dell’altro e se ci sono sovvenzioni da parte delle comunità montane e dell’Europa. I miei aiutanti sono tutti stranieri, soprattutto rumeni perché gli italiani questo lavoro non lo vogliono fare».
Il passaggio del gregge è monitorato dalle asl, tutte le pecore sono iscritte all’anagrafe degli animali e i controlli sono piuttosto severi anche se qualche semplificazione burocratica c’è stata. «Noi non possiamo sgarrare – spiega il pastore – i miei animali sono registrati uno per uno, compresi i nuovi nati e questo è un bene perché qualifica il nostro lavoro. Io ho rapporti con tutte le asl del territorio che fanno i prelievi e i controlli. Un tempo dovevamo chiedere il permesso anche ai singoli comuni per il passaggio e quindi fare tutta una serie di documenti quindici giorni prima del passaggio, oggi non più».
Il mercato della carne di pecora ha vissuto e in parte continua a vivere una stagione abbastanza fortunata grazie all’arrivo degli immigrati, soprattutto musulmani, grandi consumatori di carne di montone. Il valore di un maschio adulto si aggira intorno ai 250 euro, ma il prezzo è in discesa. «Fino a qualche anno fa avevo dei clienti miei, soprattutto marocchini – spiega Roberto – ogni persona prendeva un montone. Con la crisi tutto è cambiato e si è complicato il meccanismo della vendita ai privati che diventano pignoli su tutto, soprattutto sul peso. E così preferiamo venderli in blocco ai macelli che poi pensano a distruibuire la carne alle varie comunità».
Roberto per comunicare con casa e amici usa l’Ipad. Alla domanda se ha un profilo Facebook sorride. «Uso i social network e internet, magari mi aiutano a trovare una fidanzata. Guardi che il lavoro di pastore non c’entra niente, altrimenti io non sarei al mondo».
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