La Castelveccana che ora non c’è più
Il racconto di Roberto Bramani Araldi sul rapporto tra il paesino del Lago Maggiore e il gioco delle bocce
Castelveccana è una suggestiva località sulla sponda lombarda del Lago Maggiore che possiede una caratteristica particolare: pur contando una popolazione di circa duemila abitanti è molto estesa ed è composta da ben undici frazioni e due località.
Di queste una, Caldè, con il suo suggestivo golfo, è stata denominata da una rivista tedesca “La Portofino del Lago Maggiore”, senza sapere di affermare il falso. E’ Portofino la Caldè del Tigullio!
Ma cosa c’entrano le bellezze panoramiche con le bocce? Bisogna solo risalire di qualche tempo, non molto in verità, per sapere che, praticamente in ogni frazione, esistevano uno o più campi di bocce, generalmente in terra, all’aperto, affiancati quasi sempre a locali di ristorazione, nei quali era normale assistere ad allegre, ma intense, competizioni fra avventori e frequentatori di ogni età.
Così nella frazione di Castello sotto il Ristorante del Sole si adagiava un campo irrorato da un sole di tutta la giornata, essendo disposto da est ad ovest, oppure nella frazione di Nasca, adiacente alla Trattoria Bergonzoli, uno splendido campo ombreggiato dai tigli con accanto un campetto per far giocare i ragazzini, e di fianco, nella proprietà Almasio Allodi, un altro campo privato frequentatissimo, o a Sarigo a lato della Trattoria Il Giardino, o a Saltirana i due campi della Trattoria Centrale e, ancora a San Pietro, sede della Parrocchiale, i due campi del Ristorante Pio, senza dimenticare i campi abbarbicati su, in alto, in località S.Antonio.
E poi il mitico Barletta, proprio lungo la discesa che porta al lago, due campi:
Dietro il vociar gradito
e il tonfo sordo
de gli urti di bocce maldestre
a colpir assi e biglie …*
Questa realtà d’amore per il gioco delle bocce è scomparsa. La scomparsa delle persone, dei gestori, ha trascinato con sé anche i campi: semplicemente non ci sono più se non nei ricordi di quei pochi che ancora sanno ricordare.
Ma la romantica Castelveccana delle bocce non è la classica mosca bianca, l’evento raro degno di suscitare interesse per la sua particolarità. No, è la regola. L’eliminazione dei campi, anche in tempi molto più recenti – vedesi il caso di Laveno, cittadina di quasi novemila abitanti, priva di bocciodromi – si ripete con frequenza, privando chi volesse praticare questo gioco, che potrebbe diventare sport, di quelle strutture minimali indispensabili anche solo per approcciarne i primi rudimenti.
Si perdono così le vocazioni dei giovani, che potrebbero venire attratti dal divertimento che le bocce sanno produrre; non va ignorato che si tratta di un esercizio in voga da secoli, che costituisce un elemento della cultura popolare del nostro Paese, ma un po’ di tutta l’Europa, l’Egitto e l’Asia – si sono trovate tracce del gioco delle bocce in Turchia datate circa novemila anni fa –.
I campi di bocce,
da prepotenti erbacce invasi,
silenziosi;
il vociare è spento …*
Non può finire così, la Federazione Italiana Bocce ha cambiato guida, la promozione è salita nella scala delle priorità e chissà che presto nelle frazioni di Castelveccana, accanto all’invasione dei cultori della salamella, non ritorni il piacevole rumore del cozzare delle bocce?
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