Elezioni provinciali, a due mesi dal voto si discute ancora la data
Il quadro politico è complicato ma anche la situazione istituzionale è tutt'altro che definita: a partire dalla data del voto che è tutt’altro che confermata
A meno di due mesi dal voto per il rinnovo del Presidente e del Consiglio provinciale di Varese la situazione politica non è mai stata così incerta, a partire dalla data del voto stesso che è tutt’altro che confermata.
Del resto, a complicare un quadro politico radicalmente mutato ad ogni livello nel paese, ci si mette anche la particolare condizione istituzionale nella quale si trovano gli enti provinciali la cui dismissione è cominciata ma è bloccata dopo la bocciatura del referendum del 4 dicembre del 2016.
Attualmente le province rimangono enti di secondo livello e presidenti e consiglieri non vengono eletti direttamente dai cittadini ma dai sindaci e dai consiglieri di tutti i comuni della provincia (il cui voto viene ponderato sulla base della dimensione di ciascun comune).
La data del voto per le elezioni provinciali
Ad oggi il riferimento sulla data del voto lo ha dato il Senato con l’approvazione, in prima lettura, della legge “Milleproroghe” passata a Palazzo Madama quest’estate. La data scelta per le elezioni provinciali è quella del 31 ottobre 2018. Tuttavia, si tratta di una data che non si può definire ufficiale perché il testo del “Milleproroghe”, approvato in Senato, deve ancora passare dal voto della Camera. Da due giorni è cominciata una discussione serrata nelle commissioni parlamentari che, tra le altre cose, riguarda anche la data del voto provinciale. Ci sono emendamenti che chiedono di far slittare il voto a novembre, alla fine di gennaio 2019 o addirittura a giugno. Il risultato è che a meno di due mesi non esiste ancora una decisione definitiva.
Chi può candidarsi a Presidente
Nel complicato meccanismo di voto anche la scelta della figura del candidato presidente deve tenere conto di alcuni paletti molto rigidi che rendono difficile scegliere per le forze politiche. Secondo la legge elettorale usata in passato potevano essere candidati solamente sindaci con ancora almeno 18 mesi di mandato davanti. Con l’approvazione al Senato del “Milleproroghe” questo periodo è stato ristretto a 12 mesi ed è questo il vincolo sul quale dobbiamo attualmente fare i conti. Ma anche in questo caso sono in discussione alcuni emendamenti che propongono di eliminare qualunque restrizione e rendere candidabili tutti i sindaci.
Province, una riforma da completare (o eliminare)
L’abolizione delle province è un tema che arriva da lontano. A lungo, nel dibattito politico e giornalistico, sono state individuate come uno dei centri di spreco della politica che, a partire dai compensi agli amministratori e fino alle regalie elettorali, contribuivano ad ingrossare i difetti della pubblica amministrazione.
È in questa logica che va inquadrata la riforma degli enti provinciali che doveva provvedere al loro superamento accorpando ruoli e competenze soprattutto con le regioni. Quando però è stata avviata la riforma, e si è passati da enti di primo livello ad enti di secondo livello, l’operazione si bloccata nel dicembre del 2016 con la mancata approvazione del referendum costituzionale che serviva, tra le altre cose, proprio a completarla.
Da allora le province si trovano in un limbo, privati di risorse economiche e competenze, e tutti, ma proprio tutti, hanno detto che è necessario mettere mano alla situazione per risolverla in un senso (eliminandole definitivamente) o nell’altro (riportandole come erano prima). Fino ad ora, tuttavia, non è stato fatto niente e in commissione si discute solo di inserire una nuova voce alla legge:
“Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è istituito, presso la Conferenza Stato Città e Autonomie locali, un tavolo tecnico-politico per la redazione di linee guida finalizzate all’avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle Province e Città Metropolitane”.
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