Il generale Pietrangeli racconta il ruolo delle ferrovie nella Prima Guerra Mondiale
In occasione del centenario della Grande Guerra il besozzese d'adozione, già comandante del Genio Ferrovieri dell'Esercito, ha ricostruito i diversi usi del treno, dai convogli-ospedale a quelli armati
A un secolo esatto dalla ricorrenza della fine della Prima Guerra Mondiale, una nuova opera ricostruisce il ruolo del treno nello scenario militare di allora. Treni merci, treni ospedale, treni armati: tre diversi “fronti” che vengono raccontati dal libro “Il Ruolo delle Ferrovie nella Prima Guerra Mondiale”, scritto da Michele Antonilli e dal generale Mario Pietrangeli, ex comandante del Genio Ferrovieri (il reparto dell’Esercito che si occupa di costruire linee ferroviarie) e besozzese di adozione.
Per uomini, per merci, per armi, per vettovaglie e per truppe, la ferrovia italiana ebbe un ruolo fondamentale nello svolgimento della Prima Guerra Mondiale e fu una delle pedine più importanti, sotto molteplici punti di vista, nelle pianificazioni degli strateghi di tutte le parti in gioco. Paradossalmente, la staticità delle linee di fronte, che contraddistinse il primo conflitto mondiale e lo trasformò in una lunga guerra di logoramento, fu in gran parte da attribuire proprio all’enorme sviluppo dei trasporti terrestri per effetto della meccanizzazione. Grazie alle autocolonne, e soprattutto al treno, la velocità di afflusso delle riserve strategiche divenne infatti nettamente superiore alla rapidità di progressione delle forze combattenti, che potevano muoversi solo a piedi e, al massimo, a cavallo.
Così, le penetrazioni nelle linee nemiche (già rese difficili dalla prevalenza del binomio difensivo mitragliatrice/trincea su quello offensivo artiglieria/assaltatore) venivano subito arrestate e le posizioni si consolidavano nuovamente. Il grande protagonista di questa nuova mobilità, il treno, veniva usato prevalentemente per i grandi trasporti strategici e logistici, cioè per trasferire soldati, quadrupedi, generi vari e munizioni, in grandi quantità e su lunghe distanze. Le “tradotte” militari erano di solito formate da vagoni ferroviari chiusi a pavimento libero, atti al trasporto di persone e animali («cavalli otto, uomini quaranta», dicevano le scritte) oppure di materiali vari, ma talora erano attrezzate in modo speciale – con vagoni blindati o armati – per la difesa contro i sabotatori.
Vennero però impiegati anche veri e propri treni armati, come quelli della Marina italiana (muniti di artiglierie da 76 mm e 152 mm) che operarono lungo il tratto di costa tra il Canale d’Otranto e Ravenna e che costituirono un’efficace difesa litoranea mobile. Sul fronte orientale, anche l’Esercito utilizzò treni armati con pezzi da 152/40 mm per bombardare le zone operative nemiche del Carso Triestino. I treni sanitari e ospedale contribuivano intanto allo sgombero di migliaia di feriti e ammalati. Nella 2^ guerra mondiale, quando l’avvento del carro e dell’aereo consentì un incremento della mobilità tattico-operativa sufficiente per un ritorno al combattimento manovrato, ai treni rimase il compito dei grandi trasporti strategici e dello sgombero dei feriti e/o malati con i treni ospedale.
I movimenti ferroviari potevano però svolgersi quasi soltanto nella Zona Territoriale, a causa dell’incombere della minaccia aerea e quindi della possibilità di essere colpiti, dall’alto, anche in profondità dietro le linee amiche. L’evoluzione tecnologica delle armi moderne, per le quali le linee e le installazioni fisse della ferrovia sono divenute facili bersagli, relega ormai il treno – sempre di più – a compiti prevalentemente logistici nelle retrovie. Ma sebbene le Ferrovie costituiscano il binario conduttore del saggio, lo sguardo degli autori va oltre. Lo scenario si arricchisce infatti di informazioni sugli eserciti di fanti e di cavalieri, sulla marina, sull’aeronautica e altro ancora. Il quadro dipinto diviene mobile, intenso, tecnico eppure profondamente umano fino a delineare in modo inedito la nostra storia e rivelando molto delle nostre radici.
Il dott. Ing. Michele Antonilli è laureato in Ingegneria Elettrotecnica presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, ed è docente di Elettrotecnica e Applicazioni presso un istituto d’istruzione superiore. Ha collaborato con l’Università La Sapienza di Roma, è stato docente di corsi per il conseguimento dell’European Computer Driving Licence (ECDL). Ѐ autore di pubblicazioni e articoli tecnici che hanno ricevuto premi prestigiosi.
Il Generale Mario Pietrangeli è nato a Gubbio (Perugia). È entrato all’Accademia Militare di Modena nell’ottobre 1978 (160° corso), ha conseguito una laurea in Scienze con il relativo Master presso l’Università di Torino e in seguito la Laurea in Scienze Diplomatiche e Internazionali presso l’Università di Trieste. Ha frequentato corsi e ricoperto vari incarichi militari di prestigio nazionali e internazionali. Ha progettato impianti strategici e ha ricevuto onorificenze e premi per le numerose pubblicazioni tecniche. il libro è in vendita on line.
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