Stoà, il portico del dialogo e dell’incontro senza confini
La presidente del centro giovanile di via Gaeta, Roberta Rotondo, racconta cosa è deiventato Stoà a 5 anni dalla sua apertura tra ospiti dal mondo, collaborazioni e tanti momenti di riflessione
Stoà, in greco, esprime il concetto puro di luogo di incontro, significa “portico”, e sta ad indicare quegli edifici pubblici nei quali si scambiavano merci, arte ma soprattutto idee. È la prima realtà giovanile che incontriamo in questo viaggio che toccherà poi il circolo Gagarin e Comunità Giovanile.
Non stupisce che termini come “dialogo”, “incontro” e “accoglienza” siano quindi elementi basilari del Centro Giovanile Stoà di via Gaeta, aperto nel 2013 con la presenza dell’allora Cardinale di Milano Angelo Scola.
Roberta Rotondo, la direttrice del centro, è tutta indaffarata quando ci incontriamo, al Centro stanno arrivando quindici musicisti serbi che quella sera avrebbero suonato al teatro San Giovanni Bosco, nella cornice degli scambi interculturali che il Comune ha instaurato con la Provincia Autonoma di Vojvodina. Di iniziative simili è stato fruitore anche Marco Giovannelli, nostro direttore, non più tardi di due settimane fa, nella sua camminata sulla Via Francisca. Un luogo d’apertura, di valorizzazione umana tramite varie attività che spaziano dalla musica, al teatro, dall’arte pittorica a quella culinaria e molto altro.
“Non pretendiamo di avere lo scettro magico – racconta Roberta- quelli che facciamo sono umilissimi tentativi di far incontrare i giovani, in un mondo dove gli spazi per loro si riducono sempre di più, cercando di lasciare un segno positivo su di loro, e, più in grande, sulla città”.
L’esempio lampante è il Muro dipinto di Viale Piemonte, che ogni anno si arricchisce di nuovi colori: “creare uno spazio dove i giovani possano essere protagonisti, nella messa a punto di iniziative così come nella loro fruizione”. La seconda domanda verte sui rapporti che il Centro intrattiene con il Comune: “L’Amministrazione non ci ha mai posto veti, anche quando le posizioni di fondo si scoprivano divergenti. Sentivamo che la posizione della Giunta sul tema dei richiedenti asilo non ci apparteneva, e quindi ci siamo attivati con il doposcuola, che ha permesso a molti ragazzi di Via dei Mille di uscire dal complesso e fare qualcosa di costruttivo”.
Per quanto riguarda le connessioni di Stoà con gli altre luoghi di aggregazione giovanile della città, Comunità Giovanile e il Circolo Gagarin, si constata una maggiore affinità con quest’ultimo: proprio il Circolo ha ospitato uno spettacolo teatrale realizzato da Stoà con i richiedenti asilo, e le due realtà erano insieme nella rete che ha portato a Busto il lungometraggio “Wallah Je Te Jure” sempre sul tema delle migrazioni: “Se ne vale la pena e c’è condivisione di certi interessi, la collaborazione è solo un bene per potenziare il lavoro, o per toccare un maggior numero di persone. Fermo restando che ognuno lavora secondo il proprio stile e la propria inclinazione”.
La domanda “cosa significa essere giovani” contiene implicitamente un qualcosa di fuggente, di fluido, e la sua risposta può essere molto complicata da trovare. Tra le colonne di Stoà si continua a cercare, lasciando fermo lo spirito di innovazione e consapevolezza che traspare dalle loro iniziative.
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