Province, un progetto di rara stupidità
Varato da persone intelligenti il piano per la riduzione del numero delle province ha in sé aspetti di rara stupidità.
Il primo: forse i conti precisi il governo li offrirà nel momento in cui il decreto andrà all’esame delle Camere, ma è un fatto che al momento non siano accompagnati da previsioni che si avvicinino a un’ipotesi seria. La qual cosa ha portato a valutazioni negative, anche se appena sussurrate, chi agisce in ruoli di rilievo nel sistema statale. Insomma oggi si ha la certezza di essere di fronte a un rattoppo peggio del buco.
Nel tempo in cui si deve fare tesoro anche degli spiccioli offrire a un popolo massacrato dalle tasse una riforma delle province non accompagnata da accettabili indicazioni finanziarie, davvero è molto preoccupante e anomalo. Secondo aspetto: ci sono già vistose reazioni etnico-politiche scatenate dalla superficialità dei riformisti: il risveglio dell’antagonismo se non dell’odio tipici dell’Italia dei comuni, delle signorie, rivalità secolari che sempre covano sotto la cenere. Infatti Invece di contestare il provvedimento che nuocerebbe a città e territorio, ci sono personalità che guardano alle nuove divisioni come a opportunità o rivincite. Altro che i 150 anni dell’ Unità d’Italia.
Ma il presunto riordino delle province sottoscritto dal varesino, solo di nascita, premier Monti ha fatto un terzo danno, subdolo, forse il meno avvertito dalla gente: il colpo basso al già tenue europeismo del popolo bosino. Il futuro e la nuova frontiera politica dell’Italia? L’Europa, traguardo ineludibile, necessario, per uscire dalla crisi internazionale e per raggiungere importanti traguardi.
A leggere le reazioni di casa nostra oggi sembra invece di ritornare al passato: santa solo la bandiera della piccola identità del villaggio, null’altro conta .
La bufera si placherà se la politica avrà preteso per le province un piano meno approssimativo e che guarderà anche e soprattutto agli aspetti produttivi, economici e organizzativi delle eventuali nuove realtà amministrative.
E’ questo il quarto scivolone, in termini di “stupidità” abbastanza pesante, di chi pensa di costruire, a tavolino e con squadra e righello, il nuovo Paese. La gente dei numeri e dei grafici spesso non li condisce con un pizzico di sensibilità. E sbaglia alla grande. Più dei politici.
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