Incendio al bar Luna Rossa, una testimone accusa l’amico
Le rivelazioni: tutto sarebbe nato per l'accusa ingiusta di aver rubato un portafoglio. Un mese dopo, il presunto responsabile era in un commando di presunti rapinatori
C’è una pista investigativa precisa dietro gli incendi di bar avvenuti nella zona di Varese negli ultimi due anni. Il pm Agostino Abate sta ricostruendo una serie di episodi che sarebbero legati alla malavita locale; tra questi è spuntata anche l’accusa per un rogo avvenuto in città, nato come vendetta occasionale. In particolare, secondo una testimone, le fiamme date al bar “Luna Rossa” di via Crispi nel settembre 2011, sarebbero da attribuire a un ragazzo di nome Enrico Alfano, già coinvolto nella tentata rapina a una gioielleria nell’ottobre di un anno fa, per la quale furono fermate 4 persone, a Varese, con pistole e parrucche per camuffarsi. L’uomo era uno dei 4 presunti rapinatori comparsi davanti al gup due settimana fa (la vicenda è quella della rapina e della presunta tentata evasione dal tribunale del pregiudicato Filadelfio Vasi)
La testimone che ha deposto davanti al pm Abate proprio su quel fatto non ha dubbi: «E’ stato lui – ha sostenuto la donna nell’interrogatorio (divenuto pubblico dopo il deposito dell’avviso di conclusione indagini per la tentata rapina) – perché aveva avuto una discussione con il proprietario del bar». Che tipo di discussione? «Un giorno al proprietario era sparito il portafogli, ma quando il signor Alfano non c’era. Lui lo accusava di questa cosa, ma in realtà non aveva rubato lui il portafogli, di questo sono sicura». I due uomini però avevano litigato, e quanto pare c’era anche scappata una querela per diffamazione.
I sospetti avevano mandato su tutte le furie il giovane avventore: «Sì, perché questi qui continuavano a dire che lui aveva rubato, aveva fatto….aveva fatto di tutto. Però lui non si dava pace perché lo aveva diffamato, perché lui si vergognava di andare nel suo quartiere, perché tutti lo guardavano con un cattivo occhio…perché così…perché cosà. E un giorno ha deciso di fare questa cazzata – continua la testimone – ha deciso di andare ad incendiare il bar».
La donna tuttavia non era presente, ma riferisce che è stato lo stesso presunto incendiario a raccontarglielo: «Ha fatto benzina, ha preso due bottiglie, è andato con la mia macchina. All’inizio ha picchettato dietro la finestra della cucina, però ha visto che il vetro non si rompeva. Poi dopo è andato sulla strada ha messo le bottiglie e gli ha dato fuoco». La procura la ritiene credibile e la vicenda è oggetto di indagine, l’avvocato Paolo Bossi tuttavia precisa che al suo assistito non è al momento giunta contestazione formale per questo episodio. Quel giorno il proprietario del bar affermò che aveva già dei precisi sospetti.
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