Il Liga si racconta: «Se mi dite “fantasista” oggi mi fa piacere»
Ligabue ha ricevuto il premio "Musica e Parole" per i testi delle sue canzoni e per i libri nei quali narra, un po' come Piero Chiara, la vita della provincia con tutte le sue sfumature
Il “Credo di Freccia” sul maxischermo. La musica che sfuma, i fan, con gli occhi lucidi, che intonano in piedi le strofe di “Non è tempo per noi“. Varese aspettava Ligabue e non si è risparmiata nell’accoglierlo con il suo migliore benvenuto.
Lui l’ha ripagata con un’ora di racconto profondo, di sé, della sua storia ma anche del suo rapporto con la scrittura intesa come mestiere, che funziona soltanto se «si ha qualcosa da raccontare». «Ho scritto tante boiate nella mia vita – confessa senza molti giri di parole -. Le mie prime canzoni erano cariche di presunzione e sono contento che nessuno le abbia sentite. È solo con un testo che conteneva un’esperienza che qualcosa è cambiato. Avevo scritto di quello che vivevo e ho capito che lì stava la svolta. Mi sono dato una regola: “Scrivere solo quello che conosci, quello che hai visto, quello che hai vissuto“. Da quel momento in poi l’ho sempre rispettata. Unica eccezione il libro “La neve se ne frega”, che però è ambientato nel 2166». Il futuro appunto, quello che nemmeno il Liga può mettere in musica. Un’incognita nella quale, a dirla con le parole delle sue canzoni, si può solo aspettare con la speranza che “il meglio deve ancora venire”. Sorride Ligabue quando gli chiedono se crede davvero in queste sue parole: «Sarebbe bello se qualcuno ce lo garantisse. Ma del futuro poco sappiamo. Il futuro è solo il pensiero che abbiamo di esso».
Il Liga a Varese è arrivato per ricevere il premio “Musica e Parole” assegnatogli dal Festival del Racconto il collaborazione con il Premio Tenco. Ligabue è stato intervistato dai giornalisti Vittorio Colombo, Enrico De Angelis e Antonio Silva. Gli organizzatori, Bambi Lazzati e Romano Oldrini, gli hanno regalato anche dei libri di Piero Chiara perché lui e lo scrittore di Luino hanno in comune un’evidente abilità nella narrazione della vita della provincia. Da narratore qual è Ligabue ha svelato anche alcuni aspetti più intimi e inattesi della sua vita: come il rapporto con il padre, rivelato nei suoi libri con racconti e poesie ma anche il passaggio che lo ha visto diventare da “outsider” a “star”. «Il primo anno è perfetto e tutto va per il meglio. Poi le cose progressivamente cambiano. Intorno alla fine degli anni Novanta ho vissuto una grossa crisi di indentità. A 35 anni mi sono ritrovato con il successo di Buon compleanno Elvis e subito dopo mi è stato chiesto di fare un film. Anche quello è andato bene mentre il mio rapporto con gli altri si ammalava. Percepivo l’isolamento e anche a Correggio, dove sono di casa, la quotidianità non era più la stessa. E ancora oggi mi capita che mentre parlo con le persone, vedo che non ascoltano me ma l’immagine di me che hanno proiettato nella propria mente». È nata così “Una vita da mediano”, rivela Ligabue ammettendo che forse oggi non la sottoscriverebbe come un tempo. «Da cattocomunista quale sono cresciuto mi sono sempre sentito in dovere di motivare il successo, spiegando che per raggiungerlo mi sono dovuto fare un mazzo tanto. Questo era il concetto di mediano, anche se oggi, se qualcuno mi dà del “fantasista” non mi dispiace».
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