I distretti industriali italiani continuano a crescere

Tra il 2008 e il 2017 i distretti hanno registrato una crescita di 5 punti percentuali superiore alle aree non distrettuali. Presentato il report di Intesa Sanpaolo

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I distretti industriali italiani continuano a crescere. Lo evidenzia l’undicesimo rapporto annuale di Intesa Sanpaolo sulla finanza e l’economia dei distretti industriali. Il rapporto analizza i bilanci aziendali degli anni 2008-17 di quasi 20.000 imprese appartenenti a 156 distretti industriali e di oltre 62.000 imprese non-distrettuali attive negli stessi settori di specializzazione. L’analisi si sofferma, inoltre, sui cambiamenti strutturali che stanno interessando il tessuto produttivo distrettuale.

Nel 2017 i distretti hanno continuato a mostrare performance di crescita del fatturato migliori rispetto alle aree non distrettuali (+4,3% a prezzi correnti vs +4%). Nel decennio 2008-17 il differenziale di crescita ha così superato i 5 punti percentuali. Nel 2018 la crescita del fatturato dei distretti è proseguita (+3,4%), seppure a ritmi più contenuti a causa della brusca frenata del ciclo economico nella seconda parte dell’anno.

La produttività del lavoro è salita nel 2017 a 56 mila euro per addetto, il 10% in più rispetto alle aree non distrettuali specializzate negli stessi settori dei distretti. I risultati sono trainati anche da numerose imprese “champion” che guidano con successo le filiere presenti nei territori.

Sul territorio italiano sono molte le aree di eccellenza distrettuale. Ordinando i distretti industriali oggetto dell’analisi per performance di crescita e reddituale, è possibile ricavare una classifica dei 20 distretti migliori. Tutte le macro-aree italiane sono presenti. Prevalgono i distretti del Nord-Est (10) e del Nord-Ovest (6).

Il Centro e il Mezzogiorno sono presenti con due distretti ciascuno. Tutte le principali filiere produttive sono rappresentate, anche se emerge una prevalenza dei distretti dell’Agro-alimentare (4) e soprattutto della Metalmeccanica (12). Ai primi tre posti di questa classifica ci sono la Gomma del Sebino bergamasco, la Pelletteria e Calzature di Firenze e i Dolci di Alba e Cuneo.

I SEGNALI DI UN PROFONDO RINNOVAMENTO

È confermato il ruolo delle filiere di prossimità come fattore competitivo nei distretti: i fornitori sono molto più vicini ai committenti di quanto avviene altrove (100 km vs 118), con valori minimi di 56 chilometri nei distretti orafi. Questi risultati sono stati ottenuti costruendo un originale database  contenente 7 milioni di transazioni tra le imprese distrettuali e i loro fornitori.

I distretti continuano a offrire vantaggi localizzativi, percepiti soprattutto dalle imprese più piccole. Il legame con il territorio appare comunque importante anche per i soggetti più grandi, che considerano il distretto un luogo che agevola i processi di innovazione (44% dei casi) e di internazionalizzazione (42%).

La vicinanza favorisce l’adozione di tecnologie 4.0, già oggi maggiormente diffuse nei distretti e soprattutto in quelli specializzati nella meccanica (38% vs 30%) dove risultano trainanti le imprese medio-grandi (52%). L’innovazione è oggi realizzata anche tramite una interazione con le start-
up e le Pmi innovative. Benché queste siano concentrate soprattutto nei grandi centri urbani, vi è una buona presenza anche nei territori distrettuali (nei distretti 8,4 ogni 1.000 società di capitale attive vs 9,5 nelle aree non distrettuali).

I vantaggi delle filiere integrate sul territorio, punto di forza dei distretti tradizionali, si stanno affermando anche in altre specializzazioni meno tipiche del mondo distrettuale: ne sono prova lo sviluppo del comparto della cosmetica in Lombardia e l’emergere di veri e propri distretti della componentistica auto nell’area torinese e nel bresciano.

I distretti sono stati rinnovati anche dalla crescente presenza di capitali esteri nelle compagini societarie: il 43% degli ingressi è stato effettuato dopo il 2001, contro il 30% circa nelle aree non distrettuali, con punte sopra il 63% nel caso degli investitori francesi e una quota elevata anche per quelli tedeschi (44%). I tedeschi hanno una buona presenza sui territori distrettuali con investimenti greenfield e i francesi con un’alta partecipazione nel settore moda. (Fonte Intesa Sanpaolo)

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Pubblicato il 12 Marzo 2019
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