Record di operazioni per il private equity italiano
Secondo il rapporto Pem dell'Università Liuc di Castellanza in Italia sono state realizzate ben 175 operazioni su aziende con fatturato medio. In provincia di Varese sono state due entrambe per sostenere lo sviluppo di altrettante imprese: l’ingresso nel capitale di Eolo realizzato da Searchlight Capital e i nuovi capitali per lo sviluppo apportati in Missoni dal Fondo Strategico Italiano
L’osservatorio Private equity monitor (Pem), presieduto da Anna Gervasoni e coordinato da Francesco Bollazzi, docenti dell’università Liuc di Castellanza, conferma il buono stato di salute del settore già evidenziato negli ultimi tre anni. In particolare, il 2018 con 175 operazioni segna un nuovo record, considerato che nel 2008 erano state 127.
I buy out (acquisizione di quote di maggioranza) confermano la leadership di mercato con un netto 72% delle preferenze (in aumento rispetto al 67% dell’anno precedente). Non confermano i segnali di ripresa dello scorso anno gli expansion (operazioni per sostenere lo sviluppo di imprese già esistenti), con una quota del 21% rispetto al 25% del 2017 (rappresentavano il 35% del mercato nel 2014). Il residuo 7% del mercato è costituito principalmente dai turnaround (interventi per salvare imprese o rami d’azienda), mentre l’1% è relativo ad interventi di replacement (acquisizione di quote di minoranza). Questo dato conferma come gli operatori continuino ad indirizzare l’attenzione verso operazioni in cui l’acquisizione della maggioranza consenta sia una massimizzazione dei rendimenti, sia un approccio in linea con le professionalità maturate nel tempo, pur in presenza di una leva finanziaria ormai da qualche anno sempre piuttosto contenuta.
Sempre con riferimento alla tipologia di deals realizzati, sono stati registrati 33 add-on (19% del mercato complessivo), in deciso aumento rispetto al dato del 2017 (15 operazioni, 12% del mercato), a conferma di un ruolo ormai di assoluta rilevanza assunto dai progetti di aggregazione industriale nel settore.
Ad aggiudicarsi il titolo di operatore più attivo nel corso del 2018 risulta Xenon Private Equity, che chiude con 10 operazioni (di cui la metà corrisponde a deals di tipologia add- on). Segue, con 7 investimenti, Ardian. Nel dettaglio, poi, diminuisce il livello di concentrazione nel corso del 2018: 29 operatori hanno raccolto intorno a sé il 50% dell’attività d’investimento, rispetto ai 22 del 2017.
Le imprese private e familiari, registrando anche un incremento delle preferenze (78% nel 2018, rispetto al 67% nel 2017), continuano a rappresentare larga parte delle opportunità di investimento. Le cessioni di rami d’azienda di imprese italiane scendono dal 5% al 2%. Si attenua invece la rilevanza del secondary Buy out che consiste in una operazione straordinaria nella quale un’impresa partecipata da un operatore di private equity viene ceduta a un secondo operatore professionale della stessa natura del primo. Secondo il rapporto, queste operazioni evidenziano una significativa decrescita rispetto al 2017 (17% vs 24%). In lieve riduzione, inoltre, le cessioni di rami d’azienda di imprese straniere, mentre risulta stabile al 2% il passaggio di quote di minoranza tra operatori.
La Lombardia, regione che da sempre risulta essere il principale bacino per gli operatori, nel corso del 2018 ha rappresentato il 34% del mercato. Seguono Emilia Romagna (17% del totale), Veneto (13%) e Piemonte (11%). Nel Mezzogiorno, si sono chiuse nove operazioni (quattro nel 2017), di cui quattro in Puglia, due, rispettivamente, in Campania e Sardegna ed una in Sicilia.
In provincia di Varese, due risultano essere gli affari realizzati dagli operatori di private equity, tutti di tipologia expansion: l’ingresso nel capitale di Eolo, con una valutazione della società pari ad oltre 150 milioni di euro, realizzato da Searchlight Capital, e i nuovi capitali per lo sviluppo apportati dal Fondo Strategico Italiano in Missoni, storico marchio con oltre 250 dipendenti e 60 milioni di euro di fatturato, con una valutazione del gruppo che sfiora i 200 milioni di euro.
Per quanto concerne i settori d’intervento, il 2018 conferma l’ormai consolidato interesse degli operatori verso i prodotti per l’industria, comparto che attrae il 32% delle operazioni di investimento, in calo rispetto al 2017 (38%). I beni di consumo confermano la loro seconda posizione tra le preferenze degli investitori (20%), sostanzialmente in linea rispetto all’anno precedente (19%). A seguire, si rileva la presenza del settore alimentare, con il 13% (7% la quota del 2017), e di quello del terziario (servizi professionali ad eccezione di quelli finanziari, 10% vs 8% nel 2017). Al quinto posto, si conferma l’industria dei servizi finanziari (7%), grazie al notevole sviluppo delle fintech. Mantengono una certa stabilità
ICT e Utilities, mentre registrano un calo i comparti del cleantech e del commercio all’ingrosso e al dettaglio.
Con riferimento alle caratteristiche economico-finanziarie delle imprese target e, quindi, al volume di ricavi, il dato mediano risulta pari a 44,5 milioni di euro, in contenuto aumento rispetto al valore del 2017.
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