Il lavoro non sporca
I temi che governano il dibattito in questa crisi economica infinita sono la finanza e il consumo, che gli economisti, sbagliando, individuano rispettivamente come la malattia e la cura. Il tema del lavoro e del lavoratore hanno invece perso la loro centralità
I temi che governano il dibattito in questa crisi economica infinita sono la finanza e il consumo, che gli economisti, sbagliando, individuano rispettivamente come la malattia e la cura. In un sistema basato sulle rendite, il tema del lavoro e del lavoratore ha perso la sua centralità e virtù. È il terzo incomodo, relegato solo ad una prospettiva di riforma, come se la dura realtà non lo avesse già abbastanza riformato.
Luigino Bruni (foto sopra), docente di Economia politica alla Bicocca di Milano, spiega in questo modo il concetto di virtù nel lavoro: «Un comportamento deve tendere al bene perché va fatto bene; la motivazione del lavorare bene o di tenere un comportamento corretto, giusto è interna al lavoro stesso, non è esterna».
Non si tratta di pura filosofia. Bruni ha centrato il vero problema dei nostri tempi che è lo smarrimento dell’etica nel lavoro che era poi l’etica dei mestieri di una volta. L’etica del lavoro un tempo non dipendeva dal riconoscimento economico, una regola condivisa sia dal medico che dal muratore. Il fatto che non ci sia più alcun rapporto tra i megastipendi dei manager e il loro lavoro è un esempio di questo smarrimento. «La motivazione per svolgere bene un lavoro – scrive Bruni – non la si trova nell’incentivo economico, ma è interna alla pratica del lavoro stesso».
Il secondo tema, che è altrettanto importante riscoprire, è il dono, la gratuità nel lavoro. Argomento centrale anche nell’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate“. C’è una parte del lavoro, la più importante, che non puo’ essere comprata e mercificata ed è quella legata alla passione e all’intelligenza del lavoratore. Le imprese virtuose sono quelle che riescono a tirar fuori questo dono senza poterlo pagare.
La separazione tra intelligenza, come astrazione, e lavoro manuale, come semplice esecuzione, è l’altro errore commesso in questo tempo. I luoghi della nostra quotidianità non sono più quelli della produzione, ma quelli del consumo. Le fabbriche, le officine, le industrie sono separate dal resto della civiltà perché sono state collocate in zone precise e a ricordarci della loro presenza ci sono solo i lavoratori, qualcuno ancora con la tuta blu. «I giovani oggi – scrive Bruni – vivono in mondo virtuale e non si accorgono del lavoro che si muove intorno perché non lo vedono. E se non lo vedi a scuola non lo vedi neppure dopo. Ecco perché dobbiamo portare ancora i ragazzi nei luoghi di lavoro, ma non per fare finta o fare la gita. Stage seri: questo sì».
Edmondo De Amicis nel libro “Cuore” scriveva: «Non chiamare sporco l’operaio. Puoi chiamarlo impolverato ma non è mai sporco». Il lavoro non sporca.
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Se ti interessano i temi trattati in questo articolo li puoi trovare nel libro:
“Le virtù del mercato”
Dialogo con Luigino Bruni
Confartigianato Varese
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