Alessandro, Sara e quei sacrifici nel nome dello sport
Le storie diverse, ma legate allo stesso aspetto della vita atletica, di Covi e Dossena, due varesotti impegnati con la maglia azzurra nei rispettivi campionati del mondo
I Mondiali di qualsiasi sport sono – con le Olimpiadi – la massima aspirazione per qualsiasi atleta. Gare che racchiudono il top della propria disciplina, sia per quanto riguarda gli avversari con cui ci si batte, sia con le strutture, sia con “l’ambiente”: manifestazioni che per qualche giorno catalizzano tutta l’attenzione e attirano tifosi, dirigenti, organizzatori, sponsor.
Per i Mondiali la preparazione è massima, sotto ogni punto di vista: fisico, mentale, di materiali e attrezzature. E una volta in gara, bisogna essere pronti a tutto, come hanno dimostrato due nostri atleti impegnati in questi giorni nelle rassegne iridate. Parliamo di Alessandro Covi, ciclismo, categoria under23, e Sara Dossena, atletica leggera, specialità maratona.
Alessandro e Sara hanno dovuto fare i conti con il sacrificio, seppure in maniera differente: quello di Covi è servito ai compagni di squadra per ottenere il risultato massimo, quello di Dossena purtroppo ha portato a chiudere anzitempo l’avventura mondiale, ma proprio per questo va rispettato e applaudito.
Partiamo da Covi, 21 anni quest’oggi (sabato 28), nato a Borgomanero ma tainese in tutto e per tutto. È stato convocato nonostante una stagione “particolare” (sfiancato al Giro d’Italia, caduto al Tour de l’Avenir) per la gara in linea degli under 23 e a differenza di altre volte è stato utilizzato come guastatore, e non come punta della nazionale. Ale ha rispettato i piani e le indicazioni, ha sacrificato le ambizioni personali ed è stato perfetto in chiave tattica entrando in una fuga importante che ha costretto alcune formazioni avversarie a sfiancarsi, scattando in salita quando l’azione collettiva era esaurita, proseguendo con un drappello di altri corridori per “allungare” il più possibile la situazione e salvare la gamba ai compagni in gruppo. Mosse che si sono rivelate fondamentali alla fine, quando Samuele Battistella è arrivato alla volata finale e si è ritrovato vestito della maglia iridata. Secondo al traguardo, l’azzurro è stato dichiarato campione del mondo dopo la squalifica dell’olandese Eekhoff, quest’ultimo reo di aver sfruttato un lungo traino della sua ammiraglia.
Lasciamo lo Yorkshire e voliamo a Doha, Qatar, sede dei mondiali di atletica ai quali per una volta l’Italia è arrivata con qualche carta da giocare anche in chiave podio. Non proprio la situazione di Sara Dossena, nata a Clusone nel 1984 ma ormai gallaratese da diversi anni, che però qualche ambizione importante l’aveva alla vigilia della maratona, nonostante la presenza delle “solite” africane a farla da padrona. Sara aveva fiutato l’aria e sapeva che non tutto era perfetto: lo start notturno non poteva bastare per avere condizioni di gara normali ma lei, giustamente e regolarmente, si è presentata al via con le dovute speranze di fare bene. Poi però la “bomba”: 40 gradi di temperatura, il fisico che dice “no”, lo svenimento dopo pochi chilometri gareggiati in condizioni proibitive. Certo, vale per tutte, ma che senso ha correre così? Dossena quindi si è sacrificata, ha staccato il pettorale, si è ritirata anche su consiglio dei tecnici azzurri rinunciando anche ai punti per la classifica per nazioni. Ma la salute val bene una gara già segnata, anche se è quella più attesa e meglio preparata degli ultimi anni. Per Sara, ne siamo sicuri, arriverà un’altra occasione, e raccoglierà i frutti del suo lavoro che oggi le sono stati, in qualche modo, tolti.
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