Emma Bonino: “L’Ue non deleghi agli altri i suoi problemi”
La leader di +Europa all’Ispi per parlare della situazione dei curdi. Lo smarcamento degli Stati Uniti, il ruolo dell’Europa, l’involuzione della Turchia
“L’unione Europea deve reagire compatta, i singoli stati possono cambiare poco”. La senatrice Emma Bonino ha parlato dal palco dell’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano, esortando la UE a una reazione compatta e decisa sulla Turchia, in dialogo con il presidente dell’istituto Paolo Magri. E tornando un po’ indietro nel tempo.
“Le discussioni dell’Europa con la Turchia nascono nel 2004, quando tutti i capi di stato decisero, all’unanimità, di aprire i negoziati per l’ingresso nell’Unione. Allora c’era già Erdogan, che forse non si conosceva ancora, ma c’erano belle speranze. Successivamente nacque la ‘Indipendent Commission on Turkey’, di cui feci parte, che si arenò nel 2014, quando l’involuzione autoritaria della Turchia era ormai chiara. Fu proclamata quindi una ‘special partnership’, che nessuno ha mai capito cosa significasse. In ogni caso, con la Turchia si dovrà sempre trattare, perché la politica e i capi di stato cambiano, ma la geografia rimane”.
Sui curdi, si augura che non vengano criminalizzati, dopo che “hanno deciso di trattare con Assad. Non potevano fare altro, dopo l’abbandono inspiegabile degli Stati Uniti”. La critica, forte, verso gli americani e Donald Trump: “Ormai governa solo con i tweet, spesso raffazzonati”.
L’Europa dovrebbe preoccuparsi della situazione, secondo la leader di +Europa, per diversi motivi: “Per interessi, che non è una parolaccia: dipende da come si declinano. I curdi custodivano centinaia se non migliaia di jihadisti e foreign fighters, che adesso potrebbero fuggire in Europa”. Noi, qualche mese fa, abbiamo intervistato un volontario che, dal Varesotto, è stato in Siria per 18 mesi a combattere al fianco dei curdi. “Ma – aggiunge Bonino – dovremmo anche aiutare un popolo che non merita tutto questo. Questa situazione deve servire di lezione: delegare agli altri la soluzione dei nostri problemi non è mai la via da percorrere; pensare di risolvere tutto regalando soldi a Erdogan per la gestione dei profughi era un piano destinato a fallire”.
L’Ue, in questa situazione, mostra i suoi limiti. La mancanza di una politica estera unitaria è evidente: “La famosa frase di Kissinger, che non sapeva quale dei 27 telefoni chiamare per parlare con gli europei, è ancora attuale. L’unione si trova oltretutto in una fase delicata: molto probabilmente slitterà l’insediamento della nuova Commissione, dopo la bocciatura della francese Sylvie Goulard, probabilmente per danneggiare Macron. Speriamo – aggiunge – che tutto questo non intacchi la nomina di Lagarde alla BCE, che dovrebbe proseguire l’ottimo lavoro di Mario Draghi”.
All’Unione manca anche, come noto, un esercito comune: “Abbiamo 27 (o 28, se consideriamo la Gran Bretagna ancora nella Ue, ndr), eserciti diversi, che non comunicano tra loro. L’esempio lampante fu durante la guerra in Libia, follemente caldeggiata da Sarkozy: dopo quattro giorni eravamo senza pezzi di ricambio né munizioni, è costretti a chiedere aiuto agli Stati Uniti”.
Il focus si sposta quindi sull’Italia; la senatrice benedice – con riserva – il nuovo governo e lancia un monito sul rapporto incerto con l’Unione: “Con il cambio di governo abbiamo virato a 180 gradi nei rapporti con a Bruxelles. Se è un cambio sincero e duraturo, ben venga. Altrimenti, continuare a cambiare idea, dichiazioni e approccio ci riporterà nell’instabilità. Ora – avvisa – la Commissione di Ursula von der Leyen ci concederà un po’ di flessibilità, ma flessibilità significa debito: bisogna utilizzarlo bene e con cautela”.
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