Giornali e festival: un binomio virtuoso che porta valore
Cinque diverse realtà a confronto su un prodotto nuovo che viene offerto ai lettori. Il festival come occasione di incontro ma anche economico . I casi di Wired, Internazionale, Repubblica,Il Fatto e Varesenews
Cinque realtà, esperienze diverse, una sola risposta: il festival è il momento che aggrega, fidelizza e crea anche valore.
È unanime il giudizio sull’importanza dei festival organizzati dalle testate giornalistiche.
Al teatro Santuccio, esperienze di appuntamenti di piazza sono state al centro del panel “I festival per sostenere i giornali”.
Coordinati dal direttore di Varesenews, nonché organizzatore del Festival Glocal, Marco Giovannelli, hanno portato le proprie esperienze Emiliano Audisio responsabile progetti Wired Italia, Gregorio Botta, giornalista e curatore di Repubblica delle Idee, Chiara Nielsen Vicedirettrice Internazionale e Cinzia Monteverdi presidente e CEO società editoriale de Il Fatto.
Dall’intuizione, otto anni fa, che ha dato origine al FestivalGlocal, proprio all’indomani della conclusione di Anche IO, evento che il giornale Varesenews ha organizzato per dieci anni per incontrare i suoi lettori, Giovannelli ha spiegato il valore di una manifestazione creata per dare visibilità al “locale”, realtà spesso sottovalutata, ma degna perché all’interno di un racconto sempre più interconnesso in un mondo global: “ Sul nostro territorio c’era Whirlpool EMEA che aveva in provincia il suo quartier generale in provincia. L’azienda aveva qui la sua base europea ma il suo cuore era fortemente connesso alla sua casa madre, al di là dell’oceano. Ci siamo resi conto che c’era necessità di dare spazio a una narrazione iperlocale ma ampiamente connessa al mondo”.
Diversa è stata la spinta che ha indotto la società che edita Il Fatto a esporsi nelle piazze: “I nostri inizi non sono stati semplici – ha spiegato Cinzia Monteverdi – eravamo nati per dare risposte a un mondo che, ai tempi del “berlusconismo”, voleva avere una certa narrazione. La nostra scommessa editoriale partiva da una base di 44.000 abbonati. Ma non eravamo molto amati, per cui l’idea di andare in piazza a conoscere i nostri lettori fu dovuta anche a questa esigenza: uscire dalla redazione fu dettato dall’esigenza di fare nuovi incontri e allargare il nostro bacino. Poi, con gli anni, siamo cresciuti anche come società, diversificando i prodotti. Il festival ci permetteva di spiegare tutta la nostra differente forza”.
Conoscere non i lettori ma i giornalisti fu la molla che spinse la piccola redazione di Internazionale a raccogliere la richiesta del sindaco di Ferrara che “bussò alla nostra porta chiedendo se volessimo usare la piazza della città per fare un evento – ha ricordato al Santuccio Chiara Nielsen – Raccogliemmo quella sfida soprattutto per dare risposta al nostro bisogno di incontrare fisicamente gli autori degli articoli che noi selezionavamo. Così, in un modo un po’ artigianale, è nato il nostro festival che mirava ad offrire una “narrazione corale e reale”.Il set che fu allestito fu di grande impatto che creò un legame molto stretto con il nostro pubblico, la cui età media è abbastanza bassa perchè si aggira attorno ai 35 anni. Quello che abbiamo guadagnato da quell’esperienza è stato proprio la fisicità di incontri con persone che prima erano solo firme sulla carta. Inoltre, essendo molto artigianale, tutta la redazione si mobilitò costruendo un gruppo di lavoro ancora più coeso. Quell’esperienza ebbe un grande impatto emotivo”.
Per Repubblica, la formula degli incontri di piazza si è trasformata in un format esportato nelle diverse città: da Bologna a Firenze, a Napoli e Roma per poi continuare nelle piazze provinciali: ” Questi appuntamenti hanno, come dire, soppiantato il valore delle grandi manifestazioni di un tempo – ha commentato Gregorio Botta – la gente ha bisogno di fisicità e noi facciamo da tramite tra il nostro pubblico e i diversi personaggi. Ricordo ancora la piazza in occasione dell’arrivo di Roberto Saviano”.
Sicuramente poco improvvisato è il festival che organizza Wired, una macchina perfetta e complessa finalizzata anche a trovare nuove forme di sostentamento: ” Noi allestiamo una vera cittadella nel cuore di Milano e abbiamo a che fare con personaggi che non fanno parte della nostra realtà ma sono esponenti dei diversi campi che andiamo a presentare – ha raccontato Emiliano Audisio responsabile degli eventi e progetti speciali di Wired Italia che arrivò nel 2012 proprio con lo scopo di cercare forme diverse di finanziamento, un incarico che, all’inziio, gli rese la vita difficile – Oggi abbiamo 225 sponsor che ci supportano e la strategia per tenere insieme esigenze editoriale e richieste dei supporter”.
Fidelizzare, creare nuovi legami, ma un festival può anche essere una voce positiva di bilancio?
Pur non essendo stata la prima motivazione, oggi le occasioni di incontro di piazza si stanno rivelando anche un volano economico. Lo è a Varese dove Festival Glocal riesce a coinvolgere il territorio sia economicamente sia culturalmente ( grazie alla collaborazione con scuole e università) sia socialmente per il coinvolgimento delle tante realtà. Anche il Fatto quotidiano è , progressivamente, uscito dalla sua dimensione artigianale adottando via via strategie per rendere sostenibile l’offerta di piazza: “Il nostro festival – ha detto Cinzia Monteverdi – costa circa 100.000 euro che riusciamo a coprire con merchandising, sponsor e offerte culturali a pagamento. Si tratta di una modalità diversa di fare informazione in modo partecipativo”.
Decisamente più costoso è la festa di piazza di Internazionale ( circa 500.000 euro) sia perchè c’è un piccolo gruppo di progettazione ad hoc sia per i costi vivi dei personaggi che vengono invitati: ” Abbiamo provato a fare workshop a pagamento – ha spiegato Chiara Nielsen – ma, alla fine, sostenevano i costi soltanto pochi giovani che già sobbarcavano le spese di viaggio di alloggio a Ferrara. I nostri sponsor, alla fine , coprono circa i 3/4 dei costi. Ma sono sponsorizzazioni che condividono i nostri obiettivi come Medici senza Frontiere che ha necessità di formare e non promuvere. Così riusciamo a definire una linea editoriale comune”.
Manifestazioni che creano valore e aggregano: il valore aggiunto è la counità di riferimento che si riconosce e partecipa: ” Ed è questo il più grande valore – ha raccontato Audio di Wired – quello che oggi le aziende cominciano a riconoscere come valore su cui investire”.
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