Da riformare con urgenza, in Italia, c’è la politica
La disamina di Pier Fausto Vedani della “reformatio in peius” che è avvenuta in sanità
Oggi al termine di un processo penale di primo grado il pubblico ministero, soddisfatto della sentenza, può non ricorrere in appello. L’imputato invece ha questa possibilità, ma a suo rischio perché la legge consente ai giudici di aumentare la pena irrogata che può diventare anche più pesante di quella richiesta dal pm nel primo
processo.
Mi sono avventurato in questo ricordo della “reformatio in peius” non perché la norma sia oggetto di mutamenti, ma perché nella nostra democratica Italia da una quarantina d’anni la “riforma in peggio” è diventata moda in un ambito ben diverso e viene usata di fatto contro i cittadini della nostra repubblica violando la democrazia che si erano conquistati dopo la valanga di regimi autoritari – quello nazifascista il più devastante – che per secoli avevano umiliato il nostro Paese.
Le riforme in peggio infatti sono oggi l’ancora di salvezza per governi che, non azzeccandone mai una giusta, in vista di guai e crolli di vario tipo pensano di cavarsela, di rabbonire i cittadini, dando loro non speranze ma almeno illusioni.
Le riforme in peggio oggi hanno un modello perfetto nella sanità pubblica che sempre di problemi ne ha avuti ma mai come in questi anni, in particolare da quando è stata affidata alle
regioni. La sanità del Nord Ovest di Lombardia nel secolo scorso era un modello assistenziale sia dal punto di vista scientifico, sia da quello sociale.
Avanzatissima per esempio in campo psichiatrico, la nostra sanità prima dell’attuale sua riforma apparteneva al meglio a livello nazionale in campo medico e chirurgico anche grazie all’Università dell’Insubria. Ci fu sviluppo anche di scuole nate da noi e poi valutate come opportunità di studio e progresso anche dalla Milano accademica, come è accaduto con la gastroenterologia.
Indimenticabile e grande è stata poi la esemplare rivalutazione della geriatria come specialità: grazie a un reparto da 100 letti, nuovo di zecca, donato da privati nel 1960: i nostri anziani avrebbero avuto eccellenti cure ospedaliere.
La Seconda Repubblica nel suo naufragio ha travolto la sanità: i politici nazionali si sono buttati sugli stanziamenti, si spendeva troppo per la salute pubblica ed ecco la magica formula della riforma in peggio: si butta all’aria tutto per far credere che presto splenderà il sole dell’avvenire.
A Varese il reparto di geriatria, chiuso da 10 anni sarà anche abbattuto per far posto a un monoblocchino come quelli che subito hanno creato problemi alla nostra gente perché i soldi alla sanità ci sono solo per lasciare fuori dalla porta dell’ospedale parte dei cittadini bisognosi di cure.
Dai giornali si sa di questo disastro, ma tutti si deve accettare: occorrono silenzio, calma e condivisione perchè la riforma è già in marcia. Con significativi risultati. Una nostra concittadina di 89 anni, insignita del Premio della Bontà per il suo strepitoso bilancio come assistente sociale in Italia e nel mondo, dopo una caduta in casa nei prossimi giorni dovrà farsi operare a Cittiglio perché a Varese, di posti letto non ce ne sono!!
Può anche darsi che la cara Mariuccia, perla nascosta della nostra comunità, non abbia eccepito sul suo trasferimento, ma è comunque triste che ai nostri anziani si impongano trasferimenti e cure
lontano da casa e dagli affetti più cari.
Si va sempre di più verso la sanità americana: cure eccellenti solo per chi è ricco. Un bel traguardo soprattutto per chi ama definirsi progressista. Oggi in Italia da riformare, in meglio e con urgenza , c’è la politica. Modello e uomini da mutuare? Pensiamo al Dopoguerra.
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