Spie, longobardi e casinò. Sul New York Times la storia di Campione

Il passato dell'enclave svizzera è stato raccontato da "Borderlines", il blog di Frank Jacobs sul quotidiano dedicato alle terre di confine

La storia di Campione d’Italia finisce sul New York Times. A raccontarla con ironia è lo scrittore Frank Jacobs in un lungo articolo dedicato alle enclave svizzere pubblicato in "Borderlines", il blog ospitato dal celebre quotidiano statunitense. Il sito è dedicato alle terre di confine e a quei luoghi, come appunto la cittadina sul Lago di Lugano, che sulle frontiere hanno costruito tutta la loro identità. Di Campione Jacobs ricostuisce l’intricato passato: dalla fondazione, per mano dei romani nel primo secolo avanti Cristo al Testamento di Totone da Campione, l’atto con cui il signore longobardo cedette il feudo alla chiesa e al monastero di Sant’Ambrogio di Milano. Si fa riferimento inoltre ai tentativi del Canton Ticino di inglobare l’enclave, alla storia contemporanea con l’avvento del fascismo che impose la dicitura "d’Italia" e infine al passaggio, con l’avvento della Repubblica, alla competenza della provincia di Como. 

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Le bellezze di Campione d’Italia 4 di 10

Naturalmente non si può raccontare Campione d’Italia senza un cenno al casinò e così fa anche lo scrittore americano che ne parla citando un aneddoto da spy story: "Il Casinò – scrive – fu fondato nel 1917 dal governo italiano con l’intenzione di diventare un "posto d’ascolto" per carpire informazioni militari sensibili dai diplomatici stranieri in un’atmosfera rilassante". Particolare curioso che si può verificare anche nelle pagine del sito della casa da gioco che racconta: "Nel 1917 in piena Guerra Mondiale, il casinò municipale di Campione fu aperto per mascherare un’attività di spionaggio. L’extraterritorialità e il clima frivolo favorivano gli incontri dell’alta burocrazia e i passaggi d’informazioni particolarmente riservate". 

Ma quanto c’è di svizzero in Campione e quanto di italiano? È questa la vera questione "borderlines" su cui è costruito l’articolo di Jacobs e difficile è definirlo. Quello che è certo, racconta lo scrittore, è che "si può andare in Svizzera per l’alpinismo, per il cioccolato, per la precisione nella produzione degli orologi oppure, ogni tre anni, per il festival nazionale dello Jodel. Ma si può andare anche a caccia di enclave, tesori custoditi tra i cantoni. E i veri gioielli sono due: Büsingen am Hochrhein e appunto Campione d’Italia". 

Leggi l’articolo completo sul New York Times

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Pubblicato il 17 Maggio 2012
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