La nuova sfida dei circoli: “L’assembramento fa parte di noi, dovremo ripensarci”
Il Circolo Gagarin immagina il mondo della cultura per il post covid: "Sfruttiamo questo periodo per cambiare. Tante persone ci hanno fatto capire come questo posto ci dovrà essere anche nel futuro"
Al bar ci può andare per prendere un caffè al banco, in un locale per mangiare un trancio di pizza e al ristorante per un pranzo veloce «ma qui no, qui ci si viene per assembrarsi». È così, con questa parola che ormai è diventata un tabù, che Francesco Tosi descrive quello che succede nei circoli culturali. Lui è il presidente del Gagarin di Busto Arsizio e da quando questa realtà è stata fondata nel 2016 mai avrebbe pensato di trovarsi davanti ad una situazione come questa.
Nei locali di via Galvani nessuno mette piede dal 22 febbraio. «Avevamo chiuso due settimane prima degli obblighi -racconta- pensando fosse giusto così e senza cercare scappatoie. Ora non sappiamo quando riapriremo perchè il modello Gagarin si basa su socialità e aggregazione. C’è un bar ma serve solo per coprire le spese, ci sono gli incontri, i corsi, gli eventi e i concerti. Ci sono persone che vengono qui solo per fare due chiacchiere, senza consumare nulla. A noi non è mai interessato perché è così che abbiamo immaginato questo posto». Una forma unica, quella dei circoli come questo, che fa fatica anche ad incanalarsi nelle direttive della ripartenza. «Se dovessimo adottare le direttive per i bar qui ci staremmo in una 15 -continua Tosi- mentre per quelle di teatri o sale da concerti ancora non si è capito».
Un’attesa che continuerà a lungo e che, però, vuole diventare una sfida per il futuro. «Organizzavamo concerti quasi tutte le settimane ed è chiaro che tutto questo per un bel po’ di tempo ce lo scorderemo -racconta Giacomo Rogora, uno dei ragazzi nel direttivo del Circolo-. Così come dovremo ripensare la fruizione degli eventi culturali e dei momenti di promozione socioculturale con tutte le forme di distanziamento sociale. Ma quello che vogliamo fare è sfruttare questo periodo per pensare anche a lungo termine e riflettere oltre l’emergenza su cosa far diventare questo posto. La crisi ha reso molto più coeso anche tutto il gruppo di volontari e tutti insieme stiamo affrontando un nuovo percorso che, attraverso un bando, potrebbe davvero cambiare il modello generale del circolo. Prima o poi, comunque, l’assembramento tornerà…».
Ma mentre con un occhio si guarda al futuro con l’altro bisogna pensare al presente: affitto, spese di gestione, bollette. «Ad un certo punto abbiamo deciso di lanciare una raccolta fondi per affrontare con meno preoccupazioni i prossimi mesi -continua Francesco Tosi-. Abbiamo messo in vendita piccole cose, dalle magliette alle borracce, e la risposta è stata incredibile. Al di là del risultato economico è stato però un passaggio importante per noi perché ci ha fatto capire come tante persone pensano che questo sia un posto che ci dovrà essere anche nel futuro. Non solo a parole ma mettendo anche mano al portafoglio. Questo vuol dire che a distanza di anni da quando abbiamo fondato questo posto qualcosa è successo e sarebbe davvero un peccato che tutto finisse per un virus».
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