Questa crisi è il big bang che ci farà cambiare
Luca Paolazzi (direttore centro studi Confindustria) «L'Italia è al bivio, senza riforme il pil pro capite nel 2030 sarà di 2760 euro a testa e di 253 miliardi più elevato di oggi. Con le riforme potrà aumentare di 872 miliardi di euro, cioè 11.160 euro per abitante»
«Occore una svolta netta e poi mantenere la nuova rotta. L’anomalia italiana è non riuscire a mantenere le riforme fatte. Demografia e innovazione sono i motori del cambiamento. La crescita-cambiamento è pervasiva, influenzabile e anche ineluttabile. O la si governa o la si subisce». Così Luca Paolazzi, direttore Centro Studi Confindustria, che ha presentato a "Cambia Italia" la relazione dal titolo "Come fare le riforme e tornare a crescere".
«Il Paese – ha detto Paolazzi – non cresce e la contrazione del Pil, iniziata a metà degli anni 90’, si è accentuata all’inizio del 2000. Il benessere dell’italiano medio si è ridotto, il Pil pro capite e sceso a – 2,3 %. La cattiva performance è dovuta alla bassa dinamica della produttività che è un aspetto dell’incapacità di cambiare, come e quanto fanno le altre nazioni. Diminuisce la redditività e diminuisce la competitività: il costo di un cattivo governo si paga. Il Pil negli anni passati è stato drogato da tre fattori: massicce svalutazioni del cambio, l’inflazione elevata e deficit pubblico che non è un’eredità degli anni 80, poiché abbiamo iniziato ad accumularlo a metà degli anni 60, aumentato negli anni 70 con politiche pensionistiche generosissime, perché la classe dirigente, politica e sindacale, ha soddisfatto la domanda di protezione: quindi è un falimento dello Stato più che del mercato. Le riforme sono il mezzo per cambiare, l’Italia è stato un cantiere aperto di riforme per moltissimi anni sempre sulle stesse cose. Risultato: disorientamento, incertezza, scetticismo e diffidenza».
Come si fanno le riforme? – «Si puo’ imparare dagli altri paesi che hanno rovesciato una tendenza negativa come quella italiana: dal Regno Unito ai Paesi Bassi, dalla Germania alla Svezia, dal Cile alla Polonia, fino al Brasile. Per fare delle buone riforme bisogna tener conto di questi nove fattori: imparare dalle crisi, comunicare i frutti delle riforme e i costi dello status quo, indicare chi è più colpito dallo status quo, meglio il big bang, il disegno delle riforme deve essere coerente e continuo nel tempo, occorre una maggioranza coesa, non basta fare leggi, ma incidere sui comportamenti, partire dal risanamento macroeconomico. Questa crisi per il mondo non è stata peggio di quella del ’29 . Per dirla alla Milton Friedman: "Esiste un’enorme inerzia e quindi la tirannia dello status quo, nelle istituzioni private e specialmente pubbliche. Soltanto una crisi, effettiva e percepita, produce un cambiamento reale. Quando quella crisi avviene, il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile"».
L’Italia è al bivio – «Senza riforme il Pil pro capite nel 2030 sarà di 2760 euro e di 253 miliardi più elevato di oggi. Con le riforme potrà aumentare di 872 miliardi di euro, cioè 11.160 euro per abitante. Sono trend, non previsioni, e obiettivi minimi. Le leve su cui agire sono conoscenza, concorrenza, burocrazia e partecipazione al lavoro. Bisogna dunque creare le condizioni nella politica affinché ci sia una sana competizione tra i partiti, tra opposti schieramenti, ma senza delegittimazioni e dentro i paletti di una cultura delle riforme condivisa e radicata. Dobbiamo cogliere questo attimo fuggente».
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