Liberamente vuole “far qualcosa che serva”
Il motto della lista civica è preso dagli Afterhours, gli spunti di lavoro invece dalla analisi fatta sul territorio: 340 interviste per cercare di capire cosa serve ai cassanesi. "Non inseguiamo le richieste, proviamo a fare proposte"
«Fammi far qualcosa che serva»: Liberamente Cassano prende ispirazione da una canzone degli Afterhours per lanciare la fase-due della lista civica. «Vogliamo far rivivere Cassano, raccogliendo le idee di chi vuole cambiare» spiega Andrea Lana, uno dei promotori della lista. La modalità scelta è stata quella della ricerca intervento, una “mappatura” di idee e necessità nelle vaie zone della cittadina. «Questo non vuol dire inseguire le richieste, ma analizzarle e provare a fare delle proposte» aggiunge Matteo Boretti, rispondendo a chi (anche nel centrosinistra, pare) ha criticato LiberaMente accusandoli di aver fatto polemica locali.
Il gruppo ha cercato contatti in ogni zona della cittadina: hanno intervistato 340 persone (172 uomini, 168 donne), di cui 34 sono ragazzi minorenni. «I referenti locali hanno costruito una serie di relazioni, costruito domane e raccolto risposte ed esigenze» dice Stefano Bottelli. A volte quel che stupisce di Cassano – per chi viene da fuori – è scoprire che non esistono veri rioni, ma “zone”. Zone che secondo LiberaMente Cassano sono sempre più divise, anche per scelte urbanistiche e di viabilità: «Alcune vie sono caratterizzate da veri e propri “blocchi”, le persone tendono a vivere solo il loro pezzo di città» spiega Mauro Labita. Strade come via San Carlo Borromeo, via Bonicalza, via Confalonieri sono, secondo gli esponenti della lista, dei confini difficilmente superabili da chi si sposta a piedi, in particolare dagli anziani e dalle famiglie con bambini: «L’invecchiamento della popolazione dovrebbe far ripensare la mobilità». Così come da ripensare sarebbero gli spazi urbani collettivi, dai giardinetti allo spazio ormai abbandonato della Colonia Elioterapica, che vive ormai solo nella memoria., ai viali alberati. «E non dimentichiamoci l’oasi Bozza, che era uno spazio anche educativo ed è abbandonata da dieci anni: l’amministrazione comunale dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza» attacca Barbara Meggetto.
Parlare di aggregazione però vuol dire anche parlare di spazi al chiuso: «Cassano è una città che con la stagione fredda chiude, va in letargo» dice ancora Stefano Bottelli. Nuovi spazi devono convivere con la valorizzazione di quel che c’è già («Come si può chiedere 400 euro per la bella sala della ex chiesa di San Giulio?) e quel che si fa già: «Serve più dialogo con associazioni e parrocchie. Oggi l’indifferenza dell’amministrazione comunale è difficile da accettare». Mentre altre vicende, dicono quelli di LiberaMente, mostrano dicono che alcune decisioni sono state «calate dall’alto», come quelle dell’asilo l’Aquilone, le modifiche stradali, la decisione sulla colonia elioterapica.
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