Cgil, crescono gli iscritti ma anche le preoccupazioni
La difesa dell'articolo 18, la crisi che non finisce. Il sindacato guarda al 2012 con la speranza di una ripresa eonomica. "Bisogna fermare la precarizzazione del lavoro"
La Cgil chiude un anno tempestoso e guarda al 2012, con tante preoccupazioni, ma con un 3% di iscritti in più. Dalla difesa dell’articolo 18 alla risoluzione dei tanti fronti caldi aperti in provincia di Varese, il sindacato guidato dal segretario provinciale Franco Stasi ha presentato i dati 2011 sulla composizione dei propri iscritti e i motivi che li spingono a rivolgersi agli sportelli sindacali.
Va segnalato innanzitutto il numero totale degli iscritti in provincia che è stato alla fine dell’anno di 72.456, settecentoquindici in più del 2010. Di questi il 5% sono lavoratori stranieri e il 40%, esattamente 28.951, sono donne.
Certo si tratta di dati interni al sindacato, comunque il più rappresentativo, e che quindi può garantire un’analisi riguardante i soli lavoratori che aderiscono alla Cgil, ma alcuni numeri sono comunque emblematici del periodo storico che sta attraversando il mondo lavoro. Li si desume dal numero di lavoratori che dal 2008 ad oggi si sono rivolti agli sportelli del patronato Inca e dell’ufficio vertenze, che si occupano dei fronti più drammatici del rapporto lavorativo. Ebbene l’Inca a registrato un 49,5% in più di richieste e l’ufficio vertenze un più 37,4%. Trend confermato anche dall’aumento dei disoccupati che hanno sottoscritto la tessera del sindacato: 290, il 125% in più del 2010.
«Sono dati che tracciano un percorso di crisi economica che dal 2008 ad oggi non si è mai attenuata – spiegano dalla Cgil -. Ed è una crisi che colpisce i settori che in passato hanno contribuito di più allo sviluppo economico del territorio: il metalmeccanico, il tessile, il chimico-farmaceutico e l’edilizia».
Anche la composizione degli iscritti Cgil segna qualche mutamento e l’anno scorso ha visto crescere maggiormente le adesioni dei lavoratori attivi rispetto ai pensionati: 455 in più del 2010. La categoria dei pensionati rimane comunque la stragrande maggioranza del sindacato con il 52% sul totale degli iscritti. Un altro 25% è relativo ai lavoratori impiegati nel settore agro-alimentare, il 9% nei servizi, il 7,93% nella pubblica amministrazone, il 4,72% sono lavoratori frontalieri, lo 0,47% sono lavoratori precari e lo 0,40% disoccupati.
Fa riflettere il dato sulla rappresentanza dei lavoratori con contratti atipici, lo 0,47%, in un mondo lavorativo dove il precariato «riguarda ormai il 18% delle nuove assunzioni». Un dato che Antonio Ciraci spiega come una tendenza dei lavoratori a non rivolgersi ai sindacati prima di aver raggiunto una posizione lavorativa stabile, «spesso per paura di ricatti. Ed è per questo che al fianco delle battaglie che stiamo conducendo in questo periodo sul fronte delle pensioni e dell’articolo 18 portiamo avanti con la stessa intensità la battaglia per la semplificazione e la regolamentazione dei contratti atipici, che devono diventare un fatto straordinario e non la regola come sta avvenendo ora. Ci sono almeno 47 tipi diversi di contratti di questo tipo, vanno drasticamente ridotti, semplificati e tutelati».
Di certo l’allerta del sindacato è rivolta in questo momento alla difesa dell’articolo 18, («un feticcio mediatico che non risolverebbe nessuno dei nostri problemi e che non vogliono modificare nemmeno gli industriali») e gli sforzi per far ripartire la crescita dell’economia.
Tra gli appuntamenti più imminenti si segnalano la campagna per la rappresentanza sindacale della Flc Cgil nel mondo della scuola (dal 5 al 7 marzo) e la manifestazione dei metalmeccanici Fiom a Roma il prossimo 11 febbraio per “riconquistare il contratto partendo da Fiat, estendere i diritti e l’occupazione e garantire il reddito e la cittadinanza».
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