Il dpcm chiude i teatri: “Per noi è un colpo mortale”
Il nuovo decreto chiude anche i teatri mettendo in difficoltà le piccole residenze teatrali, così come i teatri della città
“Non cercateci per un po’. Non ci troverete”. Un messaggio di protesta quello pubblicato da Karakorum Teatro che si conclude così: “Il teatro ha chiuso e noi rimarremo chiusi dentro”. Sconforto, rabbia e incredulità per la compagnia di Varese dopo il nuovo dpcm. Solo poche settimane fa aveva presentato la nuova rassegna teatrale, pensata per essere realizzata seguendo le normative di sicurezza. Ora è tutto annullato, almeno fino al 24 novembre e poi chissà per quanto. Una situazione di semi lockdown che colpisce i lavoratori dello spettacolo, tra i primi a pagarne le conseguenze.
«Non neghiamo l’emergenza e l’urgenza di intervenire per contenere la pandemia. Dobbiamo però ammettere che è faticoso essere nell’elenco dei problemi e non in quello delle possibili soluzioni per stare bene», spiega Stefano Beghi di Karakorum, residenza teatrale che da anni lavora sul territorio e che ha aperto lo Spazio Yak. «Dopo il primo lockdown ci è stato chiesto di non abbandonare il pubblico – continua – . Ora, dopo mesi di invenzioni e produzioni, arriva una nuova interruzione che ci trova stanchi, spaesati e un po’ delusi». Niente più tentativi di portare il teatro in forme nuove o diverse, almeno per ora: «Non abbiamo intenzione di mollare, ma siamo gente che vive di teatro e ora abbiamo bisogno di prenderci cura di noi e delle nostre famiglie».
E i grandi teatri cittadini certo non stanno meglio. A confermare la difficoltà del settore è Filippo De Santis, direttore del teatro di Varese che spiega: «Abbiamo fatto tutto il possibile per mettere in sicurezza i nostri spazi, che sono perfetti per vivere serenamente lo spettacolo: non riempire il teatro è un costo, ma ci si può adattare, e ne abbiamo la volontà. Chiudere del tutto, però, è un colpo quasi mortale che non ci meritiamo».
L’atmosfera e la magia del teatro deve attende, ma intanto De Santis rilancia: «Una proposta per le istituzioni è questa: se avete messo a budget dei fondi per la stagione comunale, una rassegna o altro teneteli. Potranno essere utilizzati per proporre un’offerta culturale diversa, magari permettendo di trasmetterla in streaming. Sarebbe un modo per riconoscere la validità di un progetto, mantenere in parte la normalità di strutture che devono rimanere in piedi. Può essere un modo di sopravvivere in attesa di ciò che verrà. Non è bello risparmiare sulla nostra pelle, e se non ci sono segnali del genere, il rischio di chiusura definitiva per molti è concreto. Questo però significa perdere professionalità e progetti costruiti nel tempo».
Nella giornata di ieri, a Milano, molti lavoratori del mondo dello spettacolo hanno tenuto una manifestazione davanti a Palazzo Marino, aderendo alla giornata di protesta nazionale promossa dai sindacati.
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