Teme il grande fratello: Non si stanca di ripetere:
"Il fragore della televisione nasconde la voce dei singoli che urlano ma nessuno li
ascolta." Paolo Caccia, 58 anni, una lunga carriera politica nelle file della
Democrazia Cristiana, ritorna in campo dopo sette anni di assenza.
"Il problema che dobbiamo affrontare subito è: che controllo ha la TV e chi lo
gestisce. Il rischio che si corre al giorno doggi è quello di
unomogenizzazione della società che frantuma le nostre diversità, da sempre
patrimonio inesauribile del popolo italiano. I messaggi che vengono lanciati
quotidianamente dai mass media, che stanno accattivando decine di stranieri dei paesi
poveri, stanno plasmando un gregge abche nel nostro paese, un gregge più sensibile a temi
immediati e a soddisfazioni pronte che a valori ed ideali.
Oggi tutti vogliono una casa bella, una bella donna, un buon lavoro, una macchina
potente. Di questo passo, però, si mettono a rischio la democrazia e la libertà.
Lei dice di non avere ambizioni di potere, cosa cerca allora?
Io ho già vinto la mia battaglia. Ho ritrovato il feeling con la mia città, con
Busto Arsizio e per me è già un enorme successo.
Il suo ruolo nella Prima Repubblica, non ritiene che la possa ostacolare?
Assolutamente no. Ho ritrovato molto affetto. La gente è tornata a cercarmi, a
fermarmi per strada. Quellesperienza, tuttal più, mi è servita perché ho
imparato che ci sono poteri, scollegati totalmente dal mondo politico, che hanno le vere
leve del potere in Italia: so chi sono e dove si muovono.
Cosa pensa di questo clima elettorale?
Questo sistema non va bene: ha mostrato il lato negativo della democrazia: la non
partecipazione alla vita democratica del paese con la scelta dei propri rappresentanti. Ha
creato principi che interessano esclusivamente la sfera del potere e non il popolo. Io non
mi riconosco in questo modo di far politica. Anche la gente non si ritrova. Eppure
cè grande bisogno di ritrovare un clima coinvolgente, dove poter esprimere le
proprie necessità e le proprie idee liberamente. Molta responsabilità di questo clima la
attribuisco alla sinistra che ha perso la propria identità, si è appiattita su un
sistema che non le appartiene. Si sta creando una società dove le differenze non le fanno
più le classi sociali ma le necessità.
Qual è il Suo traguardo?
Per me sarebbe una vittoria riuscire a convincere qualche ragazzo a seguirmi nel
mio modo di fare politica, a riabbracciare la dialettica politica, a farsi portavoce delle
istanze della gente. È questa la mia vera battaglia.