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Speciale elezioni - Varese - Leghista della prima ora, ha voltato le spalle a Bossi per tener fede agli ideali di autonomia e federalismo. Giancarlo Rovetta vuole conquistare Palazzo Estense con il simbolo di Alleanza Lombarda
Rovetta: «Varese è messa male. L'autonomia l'aiuterà»
Una lista di disturbo che dà fastidio per i contenuti "duri e puri ". Alleanza Lombarda, accusata dalla Lega Nord di aver "usurpato" il simbolo per confondere l'elettorato, ricorda che da dieci anni partecipa alle tornate elettorali acquistando sempre maggiori consensi. Lo scorso anno, per le politiche, conquistò 307 mila preferenze, il terzo risultato in Lombardia. 
«Io sono un leghista della prima ora - afferma Giancarlo Rovetta , candidato sindaco a Varese per la Lega Autonomia Alleanza Lombarda - quando però il partito è stato utilizzato per scopi differenti dai suoi iniziali obiettivi, ho abbandonato. Io credo solo nell'autonomia e nel federalismo. Non voglio sentir parlare di secessione o repubbliche del Nord. Ciò a cui tendiamo è una reale autonomia come quella di Bolzano e Trento, due città che, avendo a disposizione mezzi e finanze, sono riuscite a risolvere tantissimi problemi compreso quello dell'immigrazione.» 

Nelle ultime consultazioni politiche avete superato il 5% dei consensi. Quindi avete un nutrito seguito. Perché la scelta per il candidato a Palazzo Estese è caduta su un bresciano?
«Abbiamo, è vero, un discreto seguito. Mi è stata proposta questa opportunità e io l'ho accettata al volo. È vero, non abito a Varese, almeno per ora, ma ritengo che capire i problemi di una città non sia difficile se si ha davvero voglia di impegnarsi. Per risolverli, però, ci vuole disponibilità di mezzi. In tema di viabilità, per esempio, ma anche per il futuro di Varese che dovrà darsi una dimensione turistica e culturale. Il capoluogo, con le sue bellezze, le sue ricchezze, la sua natura di città di confine potrebbe ambire a molto di più di ciò che è oggi. Rischia di diventare un satellite di Milano. Ecco perché ci vuole autonomia. L'altro giorno, ad esempio, ho aderito al progetto di aprire un ambulatorio per clandestini: un signore, però, mi ha fatto presente che le leggi nazionali lo vietano. Ma siamo impazziti? Ci devono vietare da Roma di istituire un servizio umanitario?

Come ha trovato questa città
«Penso che sia stata lasciata andare. In dieci anni ha perso tantissime posizioni. È una questione soprattutto di provincia ma anche il capoluogo è messo male. » 

 

Alessandra Toni