Brenta - Tante voci di chi vive il paese. Qualcuno storce il naso ma il verdetto è unanime: “Bel posto dove vivere”, “maggiore attenzione per i giovani”
«Io amo Brenta e vi spiego il perché»
Alle 16.30 non si incontra una macchina sullo stradone di Brenta. Ma che non si tratti di un paese fantasma, lo si vede dalle mamme coi bimbi per mano che scendono dalla scuola verso la vecchia provinciale. In realtà è proprio questo il “problema” che tutti gli esercenti intervistati da Varesenews segnalano: «C'è poco per i giovani». Certo questi piccoli sono piccolissimi, hanno appeso le figurine ritagliate alle finestre della scuola, ma saranno i “giovani” coi motorini e la scuola da raggiungere e il lavoro da trovare di domani. Lo dice subito Luisa Arfili, che col marito gestisce “Racco RF”, un'azienda di posa e vendita di pavimenti e rivestimenti. Le domande sono sempre quelle: le piace il paese, cosa va bene, cosa non va, cosa vorrebbe in più. «Il paese è tranquillo, si vive bene – dice Luisa - . Quel che non va sono le strade, che a volte sono un po' rotte, e pericolose: vede qui fuori, quel cordolo, nel parcheggio? Ecco: è pericoloso, prima o poi qualcuno si fa male. Per il futuro vorrei qualcosa di più per i giovani».
Brenta è un centro di fondovalle al principio della Valcuvia, che si incontra lasciando alle spalle Cittiglio e si sviluppa attorno alla sp 54, la Via Valcuvia, la vecchia strada di fondovalle. Verso il centro si incontra “Alimentari da Valentina”, di Valentina Cavallaro. La ragazza, raggiunta mentre è dietro al bancone, stupisce dopo la prima domanda: «Io amo Brenta», afferma. Perché? «Perché ci sono nata. Perché ho la casa dei miei. Perché la gente la conosco tutta e sono persone per bene». Qualcosa che non va ci sarà, però...dopo qualche attimo risponde: «Si, a pensarci bene non mi è piaciuto il fatto che per costruire la rotonda nuova sulla statale si è deciso di rovinare un campo da calcio frequentato da tanti amici. Ecco, forse quello che vorrei è una maggior attenzione rivolta ai giovani». Stiamo simpatici a Valentina che ci offre il caffè al bar vicino, il bar Graziella, che si affaccia sulla piazzetta Diaz. Qui ci accoglie Nunzia Resta, la proprietaria dell'esercizio: «Brenta è un paese tradizionalista, forse troppo... - dice sorridendo, sorniona - . Si, forse occorrerebbe un pizzico di apertura in più delle persone che ci vivono, però non si sta male. Forse quello che manca è uno spazio giochi per i bambini e credo che sia la cosa più urgente da fare, assieme ai parcheggi». Già, i parcheggi. Il paese è piccolo ma per raggiungere queste attività da fuori bisogna fare quattro passi a piedi dopo aver lasciato l'auto a qualche decina di metri. È su questo argomento che attacca bottone un avventore al bancone: è Khaldi Naima, drimpettaio di Nunzia, e che ha in piazza Diaz al 3 una macelleria islamica. «Da noi arrivano da lontano a comprare la carne, e se non trovano il posto per lasciare la macchina è un casino – spiega Naima, che nel frattempo viene raggiunto dalla sua bellissima bimba, che prende in braccio, e dalla moglie, che lo aspetta fuori». Naima è cittadino marocchino, e da anni gestisce la sua attività. È in Italia da 10 anni. A Brenta, racconta sua moglie, vivono una quindicina di famiglie marocchine. «Le persone qui sono buone, non abbiamo mai avuto problemi» racconta la donna. Ma come si vive a Brenta, e come mai questa comunità straniera così numerosa? «Perché ci troviamo bene e diciamo ai nostri amici e parenti: “venite qui con noi, venite a stare da noi”. È un bel posto dove far crescere i nostri figli». Ma cosa vorrebbe in più in paese? Ci pensa, poi sorride e dice: «Una scuola per insegnare l'arabo ai bimbi».