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Tradate - Terza intervista “personale” a un candidato sindaco. Tocca a Carlo Uslenghi, da quasi 20 anni leader della lista civica “Città Nuova” che non si è mai alleata coi partiti
“Si deve guardare il mondo con gli occhi del bambino”
Da quasi vent’anni è il leader della lista civica Città Nuova, con una particolare attenzione al sociale da sempre. Carlo Uslenghi, tradatese da sempre, un passato da ex giornalista collaboratore del Giorno, impiegato in provincia a Varese da 15 anni come “istruttore direttivo di amministrazione”, ha 55 anni ed è il candidato sindaco della lista che anche quest’anno ha deciso di non allearsi con nessuno, di affrontare le prossime elezioni amministrative in solitaria. Figlio di una storica impiegata del comune di Tradate «considero da sempre la mia vita legata a quella del municipio». In che senso? «Mia mamma ha fatto 42 anni in municipio. Mi ricordo di quando l’accompagnavo per autenticare le firme delle elezioni, stavamo in giro fino a sera, non c’erano orari. Tornavo con lei a mezzanotte. Mi ha sempre insegnato il principio dell’onestà come valore delle persone, senza guardare da dove arrivassero. È nato così il mio profondo rispetto per l’istituzione». Carlo Uslenghi bambino cosa sognava? «L’intenzione da piccolo era quella di fare il medico nei paesi in via di sviluppo. Ero affascinato dai racconti di un collega di mia madre che faceva avanti e indietro dall’Uganda. Sono arrivato fino al secondo anno di medicina ma poi ho intrapreso una strada diversa, nel campo della disabilità. Facevo il volontario come catechista a disabili psichici». E dopo cosa è successo? Oltre alla politica il tuo impegno però è proseguito negli anni… «Il sociale mi ha sempre accompagnato nella mia vita, fino alla mia decisione di condividere per nove anni l’affido di due bambini. Un’esperienza bellissima». Da quale bisogno nasce la lista civica Città Nuova? «Nel ’93, è nata da quella crisi dei partiti chiamata Tangentopoli. Oggi non dimentichiamo che c’è un’altra crisi figlia di quel periodo e ben più grave. Io esco da un’esperienza oratoriana, fatta di persone con idee differenti che dialogavano. È così che si possono trovare le risposte precise per un determinato problema. L’ho imparato in oratorio e l’ho applicato quando ho pensato durante Tangentopoli di mettere insieme pensieri con idee diverse per il bene della città». In questi anni non ha mai accettato di fare alleanza coi partiti… «Il discorso civico per me è chiaro: a livello locale vediamo quali sono i problemi, valutiamo le priorità e stendiamo un progetto “civico” che possa essere condiviso dai cittadini, al di là della politica. “Civico” perché non è legato ai partiti e a logiche nazionali, bensì ad esigenze del territorio. Poi la lista civica non è stampella dei partiti, non c’è bisogno dell’amico nel partito per avere agevolazioni a livello regionale o nazionale per avere dei finanziamenti. Queste cose si devono ottenere per la bontà dei progetti, non per le spinte degli amici. Questa è la mia idea di civico». La più grande soddisfazione che avuto in questi anni di lista civica? «L’aver rispettato il principio della coerenza, che lascia spesso soli e si è anche perdenti. Ma anche il senso di comunità che si è creato intorno alla lista. Quest’anno, a parte tre persone, le altre sono nuove: è bello ritrovarsi e incominciare insieme un cammino». Cosa è cambiato in Tradate negli anni, di cosa ha più nostalgia? Come recuperare questo senso di comunità? «Ricreare maggiori spazi di aggregazione, di aree fruibili da tutti per incontrarsi. Parchi organizzati, come potrebbe essere il futuro parco di Villa Inzoli. Poi Piazza Mazzini va sistemata, era una promessa di questa amministrazione che non è stata mantenuta». Libro sul comodino? «Si intitola “Voglia di risorgere, meditazioni sulla Pasqua” del Cardinale Carlo Maria Martini. Sono molto legato a Martini da un bella amicizia e la ritengo una persona di riferimento molto importante. Questo libretto è davvero straordinario. Altro libro che ho letto recentemente è “Risposta a Giobbe” di Jung, una riflessione sul bene e sul male che molti dovrebbero leggere». Oltre al sociale, la sua passione? «Il mio giardino è la mia palestra. Perché stacco da tutto, è il mio piccolo regno». Tra politica, volontariato e vita privata, fino a oggi, cosa reputa sia stata la sua più grande soddisfazione? Cosa ti ha insegnato questa esperienza? «Questi due ragazzi mi hanno insegnato molto, soprattutto che da grandi si debba più spesso leggere il mondo con gli occhi del bambino. A volte essere meno maliziosi e recuperare il senso della festa e del gioco, togliendo così certi pesi che ci portiamo. Insomma recuperare una certa purezza, anche nelle scelte politiche, con meno furbizia e giochi dietro le quinte». Un sogno per tradate? «Che la politica faccia un salto di qualità, che i partiti si riformino recuperando il senso dell’istituzione e la fiducia della gente. Il tutto cessando la spirale di conflitto che si è creata e che non porta a niente. Una speranza ideologica forse, ma ci credo veramente».
Manuel Sgarella
Mercoledi 21 Marzo 2012 |