» Invia una lettera

Assistere i malati è una vocazione: perché allora nessuno dice, nessuno fa?

infermieri sanitari dottori
1 Stella2 Stelle3 Stelle4 Stelle5 Stelle
Loading...

19 Dicembre 2024

Ciao
Mi chiamo Antonio. Ho pensato di scrivervi questa lettera per raccontarvi la mia storia. Ho 82 anni e 3 settimane fa ho avuto un’emorragia cerebrale che ha completamente cambiato la mia vita o meglio dire ha compromesso per sempre quello che ne rimane.

Certo ho più di 80 anni, la mia vita l’ho fatta direte. Vero, ma quello che mi è successo è stato lo stesso davvero un peccato. Qualche acciacco lo avevo ovviamente, la memoria iniziava a non funzionare come prima, ma avevo ancora tutti i miei impegni e quel sabato, quel fastidioso sabato in cui la mia testa ha deciso di farmi questo scherzo, avevo i miei programmi consueti nel pomeriggio e la serata la mia cena con amici. Invece purtroppo le cose sono andate in maniera diversa: non so bene cosa sia successo ma ad un tratto ho iniziato a non vedere, a non saper camminare e mi sono ritrovato al pronto soccorso a fare TAC e risonanze, senza comprendere fino in fondo cosa stesse succedendo, ma comprendendo però molto bene che di certo non ero a cena con i miei amici come avrei dovuto.

Da qui, da quel fastidioso sabato, tutto è cambiato. Pronto soccorso, poi osservazione breve e poi reparto. Mi sono ritrovato a non sapere fare le cose, a non capire fino in fondo quello che mi veniva detto, a non riuscire a dire quello che avevo in testa. E poi poco alla volta, senza capire perché, senza potermi controllare, nel mio tentativo di dire, di spiegare e di comunicare ho iniziato ad arrabbiarmi, a urlare, a dire parolacce. Non voglio essere toccato, spostato, non capisco cosa succede e per difendermi urlo. È tutto così strano visto da qui, immagino ancora di più visto da fuori.

Ma sapete quale è la cosa ancora più strana? Il fatto che tutti i medici dicono che è normale, che succede così dopo quello che mi accaduto. Loro capiscono, loro sanno. Anche gli infermieri lo sanno. Anche gli operatori che si occupano di me lo sanno. Ma allora la cosa davvero strana è il loro comportamento. Se sanno che succede, se sanno addirittura il motivo per cui succede, se hanno studiato per prendersi cura di quando succede … allora perché mi trattano così? Volti scuri, annoiati, arrabbiati, mai un sorriso, mai una parola dolce. Sempre scocciati, sempre a strattonare o a lamentarsi.

Magari non capisco io, del resto mi sembra davvero di non capire più nulla. Ma il contatto, i toni, le carezze, le cure io le capisco eccome, anzi sono l’unica cosa che mi è rimasta. E allora perché non lo fanno. Loro che sanno, che hanno studiato per farlo, che hanno scelto un lavoro così. Tutti i lavori vanno fatti con passione, ma assistere i malati è una vocazione. E perché allora nessuno dice, nessuno fa.

Lo so di essere una fatica, lo so che sono impegnativo. Ma non riesco a fare diversamente, ci provo ma la testa mi fa fare quello che vuole lei. E vorrei tanto che li fuori la gente che dice di sapere, lo sapesse per davvero.
Mi spiace un po’ concludere così la mia vita, avevo immaginato una fine diversa. Circondato dai miei affetti. Che ci sono eh. Io li sento ogni giorno, a volte forse li vedo e li riconoscono anche un po’. Ma non pensavo e non volevo ritrovarmi con persone che hanno scelto di prendersi cura degli altri e proprio nel momento più pauroso della vita decidono di essere loro a fare ancora più paura.
Ma nonostante tutto, voglio farvi i miei auguri di un buon Natale. Per me sarà l’ultimo. Anzi purtroppo non so neanche se ci arriverò a questo ultimo Natale. Ma voi cari operatori dell’ospedale, di tutti i livelli e importanza, voi che lo avrete, passate un buon Natale. E aggiungo un augurio speciale: soprattutto vi auguro che in futuro a voi, ai vostri genitori, fratelli, sorelle, amici e parenti non capiti quello che è successo a me, perché potreste avere la sfortuna di incontrare a prendersi cura di voi qualcuno proprio come voi. Buon Natale.

Ovviamente questa lettera non l’ha scritta il mio papà, ma sono certa che se avesse potuto lo avrebbe fatto esattamente in questo modo. Con un’ironia profonda e un’intelligenza acuta per passare attraverso il sorriso un messaggio crudo e violento.
Tre settimane di ospedale nell’eccellenza varesina che ho deciso di raccontare così. Purtroppo, lo so che mio papà era ed è un paziente irrecuperabile, non riabilitabile, come dite voi.
Ma questo c’entra poco con l’assistenza che non ha ricevuto, con l’amore che non ha percepito. E non trinceratevi dietro le solite scuse di turni, di stanchezza, di pressione, o peggio ancora del necessario distacco dalle storie dei vostri pazienti. Io non giudico la competenza medica. Giudico il cuore, l’amore, il rispetto per la vita la cui mancanza è davvero terrorizzante.
Non si generalizza? Purtroppo, lo faccio eccome. Nonostante un ricovero in reparto abbiamo voluto (forse più dovuto) come famiglia affiancare a mio papà un’assistenza privata, degli angeli che si sono presi di cura di lui con un cuore immenso. Perché senza di loro sarebbe stato un inferno ancora peggiore. Non cito i loro nomi ma loro lo sanno. Grazie dal più profondo del nostro cuore.
Mi attacco agli auguri del mio papà sperando che questa sua ultima lettera possa toccarvi almeno un po’ quel cuore che, anche se sembra impossibile, anche voi dovreste avere da qualche parte.
Buon Natale
E ciao papà!
Elena

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.