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Il marcio del calcio provinciale dietro il fallimento della Nazionale

pallone da calcio
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4 Luglio 2024

Egregio Direttore,

Scrivo questa lettera con una frustrazione che ormai mi accompagna da anni, e spero che le mie parole possano far riflettere anche solo per un secondo chi gestisce le società nel nostro sistema calcio provinciale, che reputo essere una delle vere cause dei recenti fallimenti della nostra nazionale di calcio. Non parlo solo del flop del 2024, ma anche delle due mancate qualificazioni ai Mondiali del 2018 e del 2022, che l’euforia per la vittoria dell’Europeo ha solo temporaneamente nascosto, e delle sconfitte consecutive ai Mondiali del 2010 e del 2014, non meno cocenti di quella recente (sappiamo che la memoria calcistica è molto breve).

Sono consapevole che il mondo è cambiato rispetto a 20-25 anni fa. Oggi i ragazzi passano meno tempo con il pallone tra i piedi: non bastano certo 2,5-3 ore di allenamento a settimana per far emergere il talento e migliorare le capacità tecniche e tattiche. Prima c’erano i campetti, i cortili, persino le stanze di casa trasformate in campi di gioco improvvisati. Ora tutto questo sembra scomparso.

Il problema principale, come detto, secondo me risiede nelle società a livello provinciale. Capisco che gestire una struttura oggi sia diverso da vent’anni fa, ma quello che vedo è un attaccamento eccessivo ai bilanci, spesso a scapito della crescita dei nostri giovani calciatori. I ragazzi, che sono come pagine bianche da scrivere, vengono affidati a allenatori senza competenza, senza empatia e senza l’educazione necessaria. Alcuni non sarebbero nemmeno in grado di fare i genitori, figuriamoci gli educatori. I presidenti sono troppo spesso concentrati solo sui loro interessi economici, mentre chi ha le risorse per cambiare le cose spesso manca della visione per gestire le finanze, permettendo personaggi che, in cambio di un secondo salario a lungo termine, sono privi della minima passione e rispetto per i veri protagonisti, i bambini.

La Federazione fornisce delle linee guida che vengono sistematicamente ignorate. La figura del bambino/ragazzo non è mai al vertice della piramide, come invece dovrebbe essere. Allenatori e dirigenti non sono adeguatamente formati per il loro ruolo. Allenatori e dirigenti non sono adeguatamente formati per il proprio ruolo. Le strutture sono obsolete e perdurano ormai da più di 25 anni, come recentemente segnalato da Malagò in un’intervista, e ciò contribuirà presto a un calo nei risultati. Inoltre, la figura del genitore è spesso troppo invadente nelle scelte e nelle percezioni del bambino, che dovrebbe, fino a una certa età, avere il diritto di giocare semplicemente per divertirsi, senza pressioni o aspettative future.

Mi trovo di fronte a un sistema marcio (di cui sono anche parte attiva come allenatore), e questa situazione mi preoccupa profondamente, soprattutto pensando a mio figlio, che potrebbe desiderare di intraprendere questo percorso tra qualche anno. Vorrei che potesse godere dello sport che amo, ma ho molta paura per ciò che potrebbe trovare.

Spero che le mie parole possano suscitare una riflessione e, magari, promuovere il cambiamento necessario. Il calcio è uno sport straordinario che merita un sistema all’altezza delle sue potenzialità.

Cordiali saluti,

AC

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