Libertà è partecipazione. Così cantava Gaber
30 Agosto 2012
Caro direttore,
c’era un certo Giorgio Gaber che incendiava le platee cantando "…libertà è partecipazione" e giù cori e ovazioni.
Come eravamo giovani e belli e illusi. Per la durata della canzone eravamo convinti davvero che la storia eravamo noi, che eravamo noi a decidere il nostro e perfino l’altrui destino, addirittura di interi popoli che poichè non la pensavano come noi dovevano essere oppressi da qualcuno. Noi liberi e democratici li avremmo liberati, magari massacrandoli, ma liberati perchè noi sapevamo cos’era la libertà, solo noi i depositari della verità. Finito lo spettacolo si tornava a casa con la sensazione di avere il mondo in mano, il giorno dopo sul posto di lavoro ( ancora c’era) eravamo già meno allegri e prima di tornare a casa la sera passavamo in farmacia a comperare i confetti Falqui e con" quattrocento lire si purgava tutta la famiglia" e il nostro immenso potere di uomini e donne libere finiva nel cesso. Quando poi scoppiava qualche bomba ce ka si facevca addosso e ci accorgevamo di colpo che non contavamo niente e la nostra democrazia era una barzelletta, un castello di carta.
Poichè la nostra è una democrazia rappresentativa si pensa che il voto, la croce sul simbolo, sul nome sono la prova che siamo liberi, che il MIO voto è determinante, fa la differenza.
Abbiamo disegnato interi cimiteri, croci ad ogni angolo, ma ancora avvertiamo il puzzo strisciante della dittatura mascherata.
Lo avvertiamo quando leggiamo un articolo del nostro quotidiano preferito, quando accendiamo la TV, quando andiamo a fare la spesa e comperiamo tonnellate di inutili cacchette in offerta, quando non riusciamo più nemmeno a incontrare i nostri figli perchè si lavora ( che fortuna!) anche a Natale.
Certo ci sono i partiti; mi iscrivo, faccio la tessera e io ho il bastone del comando, partecipo a tutte le riunioni e alle assemblee, su e su fino al CONGRESSO e dico la mia mentre fanno finta di ascoltarmi, alzo la mano, voto un tale, però il candidato è già stato designato altrove, predestinato da altri.
"Batton le mani…. far finta di essere sani".
Le hanno inventate tutte: i referendum, abrogativi e mai determinanti ci mancherebbe, l’elezione diretta del sindaco, le preferenze, le liste chiuse, le primarie e poi i dibattiti, i Consigli Comunali aperti e le circoscrizioni, le nomine per acclamazione, Internet dove corre di tutto, di troppo, eppure il
puzzo resta.
Nelle sale del Palazzo, nel santuario del capitale, nei baciamano degli alti prelati, nel labirinto della Giustizia, le stanze della sanità, le aule delle università; si ha sempre la sensazione che non dipenda mai da te la tua sorte, la tua strada, la tua vita, il tuo lavoro, la tua affettività e hai sempre meno voglia di partecipare, meno interesse per l’ultimo partito nato già vecchio, una specie di clonazione: il partito della libertà, ecologia e libertà, democrazia e libertà e si crede sempre meno, ci si confonde, entra in
collisione l’io individuale e l’io sociale, non ce la fai ad arrivare alla fine del mese, non sai nemmeno se il prossimo mese avrai mantenuto il lavoro, l’obbiettivo è sempre più lontano, il dubbio più pressante, un dapprima vago e poi sempre più preciso malessere ti assale fino ad avvertire una sottile paura
per il futuro.
Proprio in quel momento, quando avverti la paura ti rendi conto che la porta si è ormai chiusa alle spalle e il Potere ti ha fregato con il sorriso accattivante della PARTECIPAZIONE.
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