Riforma scolastica e cultura classica: la sfida di restituire valore alla conoscenza
16 Gennaio 2025
Egregio Direttore,
Il 15 gennaio il Ministro dell’Istruzione (un tempo della Pubblica Istruzione) ha annunciato il nuovo percorso formativo per le scuole elementari e medie, in attesa di quello per le scuole superiori, che dovrebbe entrare in vigore con l’anno scolastico 2026/2027. Verrà reintrodotta la possibilità di studiare il latino dalla seconda media, verrà abolita la “geostoria” nelle scuole superiori e sarà restituita la dovuta importanza allo studio della storia, soprattutto della storia d’Italia, dell’Europa e dell’Occidente, con attenzione alle origini della nostra civiltà, all’antica Grecia, a Roma e ai primi secoli del Cristianesimo.
Verrà proposta l’epica classica e la lettura della Bibbia per la conoscenza delle fondamenta della nostra cultura, senza le quali non si comprenderebbero la nostra storia, la filosofia, l’arte e la letteratura dalle origini classiche e dal medioevo, al rinascimento fino alla stessa età moderna. La formazione scolastica deve iniziare con lo studio della grammatica della lingua italiana per rimediare ai profondi buchi di conoscenza in tutte le fasce di età rivelati dal CENSIS, secondo cui il 35% degli italiani presenta il c.d. “analfabetismo funzionale”, non essendo in grado di comprendere un testo scritto mediamente articolato. Il 41% degli italiani crede che Gabriele D’Annunzio abbia scritto “L’infinito” di Leopardi, il 32% crede che la Cappella Sistina sia stata affrescata da Giotto o da Leonardo, il 55% non sa che Mussolini è stato destituito nel 1943, il 55% non sa chi fosse Giuseppe Mazzini, il 30% non conosce l’anno dell’Unità d’Italia, il 29% ignora quando è entrata in vigore la nostra Costituzione, il 18% non sa chi sia l’autore de “I promessi sposi” e il 6% crede che Dante Alighieri non sia l’autore della Divina Commedia.
La Cultura, benché disprezzata da molti poiché non produrrebbe guadagno economico, rappresenta la possibilità di unire i popoli e gli uomini e di superare le divisioni sociali e umane attraverso l’Arte, il Pensiero e la Conoscenza. Nella società “globalizzata” fondata sul profitto economico la cultura è considerata inutile poiché non servirebbe a trovare lavoro rispetto alla tecnologia. Negli ultimi decenni la semplificazione degli studi, la formazione finalizzata solo al lavoro pratico, il continuo taglio delle ore e delle materie di studio, l’esaltazione soltanto dell’Inglese e dell’informatica ai soli fini imprenditoriali sono tra le cause sciagurate che stanno distruggendo la scuola pubblica. Il professor Ivano Dionigi, già Rettore dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, si è rivolto ai ragazzi dell’era digitale per spiegare l’importanza attuale di studiare i classici. Noi oggi parliamo male con una comunicazione frettolosa e vuota; il latino e il greco ci permettono di risalire al significato delle nostre parole.
La cultura ci insegna il valore civile della comunità in un momento in cui l’individualismo prevale sul concetto di collettività, di convivenza civile e di politica svolta con valori etici solo per il Bene comune. Antonio Gramsci affermava che si impara il latino e il greco per conoscere la civiltà classica, fondamento della cultura mondiale, che lo studio deve essere disinteressato e formativo, che nella scuola sta avvenendo un processo di progressiva degenerazione poiché la scuola di tipo professionale, finalizzata a un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola formativa. La Cultura e la Conoscenza aprono la mente e insegnano a ragionare con la propria intelligenza in senso critico; la ricerca dell’arte, della filosofia e della giustizia civile e sociale in un’epoca di corruzione e di ingiustizie sociali come la nostra, l’esaltazione della Legge posta a favore delle Istituzioni pubbliche e del Bene comune, quando molti non credono più nello Stato e nelle Istituzioni democratiche, sono valori derivanti dalla cultura classica posti alla base della nostra civiltà. Nell’arida società contemporanea per arricchire il nostro pensiero critico dobbiamo ricordare sempre gli immortali versi espressi da Dante nel XXVI canto dell’Inferno: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”!
Così, per uscire dal buio della nostra misera indifferenza, dobbiamo seguire gli insegnamenti sempre attuali dei grandi pensatori dell’umanità: Socrate affermava che “Una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta”, Hegel sosteneva che “L’uomo è veramente uomo soltanto grazie alla Cultura” e Antonio Gramsci scriveva che “Io concepisco tutte le libertà fuorché una, quella di essere asini. Istruitevi perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri”
Il tentativo nel 2018 da parte del Ministero dell’Istruzione, poi per fortuna non attuato, di abolire la traccia storica nel tema all’esame di stato sembrava realizzare la progressiva cancellazione dello studio della storia nella formazione dei giovani, iniziata con la diminuzione delle ore di insegnamento. Svilire la conoscenza della storia nella formazione scolastica significherebbe ridurre la conoscenza del passato necessaria per la costruzione del futuro, forse perché alle classi dirigenti, sia politiche che economico-finanziarie, conviene che il popolo non conosca la storia delle proprie conquiste culturali, politiche, civili e sociali, mai ottenute definitivamente. La conoscenza della storia è indispensabile per capire il presente infatti, nonostante sia da molti considerata inutile poiché non servirebbe per fini professionali o economici, noi dipendiamo dalle scelte compiute nel passato. La scuola dovrebbe far comprendere l’importanza della storia spiegando gli eventi, le cause e le loro conseguenze con i personaggi storici, le cui azioni si ripercuotono ancora nel nostro tempo, insegnando i grandi valori intramontabili per i quali molti hanno perso la vita anche per noi. Come insegnava Winston Churchill conoscere la storia dovrebbe impedire che si ripetano gli errori, anche tragici, commessi nel passato. La storia determina anche il senso di identità civile e sociale sia personale che nazionale: “Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro” (Luis Sepúlveda).
Con la fievole speranza che il vuoto e arido “homo oeconomicus” non prevalga sul “civis” e sul “sapiens”, vedremo come il Legislatore, da decenni poco attento e poco interessato alla formazione culturale dei giovani, concretizzerà i propositi espressi dal Ministro dell’Istruzione.
Colgo l’occasione per porgere i miei più cordiali saluti.
Alberto Morandi
Laveno Mombello (VA)
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