Una bici al giorno
8 Agosto 2024
Carissima Varese,
terra di amanti dello sport, della vita all’aria aperta, del ciclismo e delle biciclette, ti scrivo queste righe per condividere con te un piccolo dolore: ebbene si, terra di amanti soprattutto delle biciclette, pare, visto che con pochi anni di distanza di biciclette me ne sono già state rubate due. E scusate se è poco.
Momento del fattaccio: giovedì 4 luglio 2024. Luogo: piazzetta Liala. Momento: pomeriggio di una rara giornata di sole che questa strana estate ha deciso di regalarci.
Riassumendo, pieno centro e pieno giorno, mannaggia.
Rastrelliera di ben 4 posti già con 3 stalli occupati dalle solite ruote amiche che vedo lì più o meno tutti i giorni (e che spero rivedrò ancora) e io pure contenta di avere trovato l’ultimo buco disponibile. Bella fortuna, ho pensato, non devo spostarmi in piazza Beccaria per vedere se c’è posto. Certo, proprio bella fortuna! Magari se l’avessi parcheggiata di là ora non mi dovrei procurare un nuovo mezzo.
Già, perché con quella mountain bike di 23 anni, quindi una giovinetta per i canoni umani, ci andavo a lavorare da sempre. E continuerò ad andarci in centro Varese in bici, imperterrita. Del resto, perché usare la macchina, se si può fare una bella sgambettata di 4 km e mezzo, mantenendo il fisico attivo e senza sbattersi per trovare parcheggio? E ci si mette anche meno che coi mezzi pubblici, che restano perfetti per le giornate di pioggia.
Non vi dico come ci sono rimasta, e torno a sottolineare per la seconda volta, quando alla sera sono tornata a riprendere il velocipede per tornarmene finalmente a casina. Il primo pensiero è stato: ma bella oca che sei, l’hai parcheggiata dall’altra parte! E invece no che non l’ho parcheggiata altrove, proprio lì l’avevo messa. Gli occhi cadono su un groviglietto blu elettrico alla base dello stallo e lì la certezza che la bici ha preso il volo per altri lidi, poiché il mucchietto informe è quanto è rimasto del cavo di acciaio rivestito di plastica, tristemente lasciato a terra per tranquillizzarmi sul fatto che ancora le mie facoltà mentali funzionano correttamente e non dimentico dove parcheggio. Scoramento mio e scoramento del groviglietto, affranto di non essere riuscito a portare a termine il suo compito di custode del destriero. Però ha combattuto lui, si vede che ha resistito, ma contro i flessibili a batteria si sa, c’è poco da fare.
Non sono arrabbiata, non ho voglia di sprecare energie che preferisco usare per altro, meglio sfogarsi scrivendo, per condividere il momento. Però sono amareggiata e sconsolata, questo si, nel vedere che non si può fare in tranquillità neppure una cosa così banale come lasciare la bici per poche ore in piena vista e nel luogo preposto a tale funzione (e neanche tanto in fiducia, visto che il suo bel cavo di acciaio lo aveva), senza avere la paura di tornare a sera e trovare un buco nero. Domanda: e le telecamere che ormai riempiono ogni angolo del mondo e che sono in grado di registrare ogni singolo nostro singolo passo, saranno d’aiuto? Mah, non è dato sapersi.
Cara Varese va, come recitava solo qualche anno fa la sigla dei mondiali di ciclismo, te lo chiedo dopo il secondo mezzo involato: ma lo facciamo un bel parcheggino chiuso e coperto, con l’accesso con una bella tesserina magnetica, così nel recintino entrano solo le persone autorizzate? In tante civili città auropee ci sono da anni. Quel bel parcheggio multipiano a poche decine di metri dal luogo del delitto, non ce l’ha proprio un posticino dove lasciare in sicurezza i propri mezzi a trazione muscolare o assistita, di modo che un povero bipede non sia costretto a trascinare la bici per due piani di scale per portarsela in ufficio? Ti assicuro che il primo abbonamento annuale sarebbe il mio! Ce la facciamo a pensare non solo alle macchine, ogni tanto, e a diventare veramente una città giardino, che premia chi contribuisce a togliere dall’aria un poco di sostanze nocive, senza la pretesa di salvare il mondo, ovviamente?
L’unica certezza, per ora, è che nella ridente piazzetta Liala la bicicletta non ce la metterò proprio più. E pace all’anima del libro porta bici così orgogliosamente adagiato al centro dello spazio.
Con scoramento, tua cittadina
Barbara Quadranti
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Lettera che condivido in pieno. Anche se il concetto di città giardino non è relativo alla tipologia di mezzo che si usa ma semplicemente all’uso ed abuso di suolo.
Usare la bici non renderà Varese più verde. Come del resto criminalizzare l’auto non farà aumentare il numero di ciclisti.