Speciale elezioni - Intervista a Enrico Luraghi, il candidato alla camera di Democrazia Europea per il collegio di Tradate
Dobbiamo dare delle risposte a tutto il panorama sociale
Architetto, vive a Venegono inferiore dove è nato, copie 50 anni una settimana prima delle elezioni e si candida nel collegio di Tradate per il futuro partito di Democrazia Europea. Laureato in architettura al Politecnico di Milano, è sposato con Maria Raffaela e ha tre figli. Oltre a svolgere normalmente la sua professione, dal 1970 al 1991 è stato docente alla scuola professionale edile di Gurone e successivamente ha fatto parte del consiglio di amministrazione. Dall’80 insegna educazione tecnica alla scuola Paolo VI di Tradate. In politica non è di certo un novellino: il suo ingresso risale al 1973, una carriera che  nel 1990-95 lo ha visto assessore e poi sindaco del comune di Venegono Inferiore. Dal settembre del 2000 è membro del consiglio di amministrazione del Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate. Proprio per i suoi impegni nella società sottolinea subito :"i rifiuti e la viabilità sono punti molto importanti per questa zona: per esempio sono favorevole alla Pedemontana, per il procedimento che è stato innestato e che tiene conto delle istanze dei comuni. È uno progetto che, però, deve essere portato avanti fino in fondo senza passare sopra le teste di qualcuno, con gli innesti garantiti".

Su quali aspetti basa la sua campagna?
Principalmente su un aspetto politico e uno territoriale. Per il primo: in questo momento di confusione per l’elettorato, i due poli non soddisfano la domanda politica; molte persone non vi si riconoscono. La presunzione che noi abbiamo è quella di offrire all’elettorato una posizione precisa: moderata ma ferma, eticamente riconoscibile. Non abbiamo una posizione unica, ma non facciamo compromessi con nessuno. Il secondo aspetto è una ragione territoriale: la provincia di Varese è scaduta, non ha più quel ruolo di provincia di forte industrializzazione e di transito per l’Europa. È stato fatto poco per gli interessi dei cittadini. Come è stato fatto poco per l’ambiente.

Emergenza ambiente: il problema delle rotte di Malpensa e la questione dell’inceneritore, come vede questi due problemi?
Ai quali aggiungerei il Parco Pineta. Per Malpensa tutte la scelte che vengono fatte devono essere riconducibili al territorio: lo scalo deve vivere tenendo conto della realtà in cui è inserito. Tutte le scelte devono essere condivise. È inoltre importante che vengano realizzati i servizi. 
Per l’inceneritore: ho sottoscritto la petizione già due mesi fa quando ancora non ero candidato. Non esiste un problema inceneritore, esiste un'emergenza rifiuti: bisogna avere un modo nuovo di smaltire i rifiuti. Non si può ragionare, come fa qualcuno, "tanto ci sono gli altri": bisogna fare in modo di produrre meno rifiuti. Non è una questione di destra o di sinistra. L'obiettivo è uno: al posto dell’inceneritore si deve promuovere un sistema di raccolta differenziata. 
E po c'è la questione Parco Pineta, che, con Campo dei Fiori, è ormai una realtà istituzionalizzata in una provincia ad alto tasso di industrializzazione: dobbiamo fare di tutto per salvaguardare quello che abbiamo. Ma per salvaguardare questi terreni non dobbiamo farli diventare delle reliquie, dobbiamo far sì che diventino delle realtà anche economiche come lo è il Parco del Ticino. Dobbiamo fare in modo che la gente ci porti i soldi, inventare nuove opportunità: facilitazioni, occasioni particolari, agriturismo. Insomma abbiamo molto da inventare per realizzare qualcosa di veramente nuovo.

Sul problema sempre più pressante della microcriminalità, cosa suggerisce?
Questa piccola criminalità deve essere combattuta con soluzioni locali come il vigile di quartiere. Nell’ambito della microcriminalità la conoscenza delle persone del territorio è molto importante. Ma non bisogna trascurare che la microcriminalità si combatte anche in altro modo: la scuola, l’educazione dove si forma socialmente una persona. Le amministrazioni comunali devono muoversi attraverso il settore dei servizi sociali per offrire ai giovani delle alternative serie. Si potrebbero recuperare gli oratori, una proposta forse di parte, ma importante. Se questi tre punti riescono a lavorare insieme concretamente, si può ottenere qualche risultato.

Per molti anni iscritto alla DC, cosa le ha fatto accettare di tornare alla politica attiva?
La posizione di Democrazia Europea nella quale mi riconosco. Ho aderito alla fondazione fino a fare tutto il percorso fino al partito: già nella fondazione avevo visto l’espressione politica che mi era congeniale. Ho lasciato un partito politico che si collocava in un certo posto nel panorama: Democrazia Europea è moderata e aperta a tutte le categorie. Dobbiamo dare delle risposte a tutto il panorama sociale. Inoltre vi è anche l’ispirazione cristiana: io rivedo nel movimento di D'Antoni aspetti che nel ’92 si sono persi. Né a destra né a sinistra, dunque. E se questo partito dovesse mai schierarsi con uno dei due poli, sarà la volta che io me ne andrò, non sono disposto ad accettare compromessi. Se dovessi essere eletto, non farò opposizione, ma sosterrò quelle iniziative coerenti con il nostro modo di vedere.

Come recuperare quella parte di elettorato deluso che sceglie di non votare?
Il livello delle votazioni è ancora alto. Bisogna andare a votare: dare pure il voto a chi si voglia, ma il voto è una dimostrazione di civiltà. Non si fa alcuna dimostrazione non votando: a differenza dei referendum, le politiche sono valide anche se votano tre persone. In Italia si vota alla meno peggio: l’elettorato, invece, dovrebbe cercare di valutare le persone. Io invito ad andare a votare, a votare secondo la propria coscienza senza incorrere nella scelta del meno peggio o alla guerra pro o contro un certo personaggio. Non ci sono scuse per non votare.

Manuel Sgarella