Architetto,
vive a Venegono inferiore dove è nato, copie 50 anni una
settimana prima delle elezioni e si candida nel collegio di
Tradate per il futuro partito di Democrazia Europea. Laureato in
architettura al Politecnico di Milano, è sposato con Maria
Raffaela e ha tre figli. Oltre a svolgere normalmente la sua
professione, dal 1970 al 1991 è stato docente alla scuola
professionale edile di Gurone e successivamente ha fatto parte del
consiglio di amministrazione. Dall’80 insegna educazione tecnica
alla scuola Paolo VI di Tradate. In politica non è di certo un
novellino: il suo ingresso risale al 1973, una carriera che
nel 1990-95 lo ha visto assessore e poi sindaco del comune di Venegono
Inferiore. Dal settembre del 2000 è membro del consiglio di
amministrazione del Parco Pineta di Appiano Gentile e Tradate.
Proprio per i suoi impegni nella società sottolinea subito :"i rifiuti e la viabilità sono punti molto importanti per
questa zona: per esempio sono favorevole alla Pedemontana, per il procedimento che è stato innestato
e che tiene
conto delle istanze dei comuni. È uno progetto che, però, deve essere portato
avanti fino in fondo senza passare sopra le teste di qualcuno, con
gli innesti garantiti".
Su quali aspetti basa la sua
campagna?
Principalmente su un
aspetto politico e uno territoriale. Per il primo: in
questo momento di confusione per l’elettorato, i due poli non
soddisfano la domanda politica; molte persone non vi si
riconoscono. La presunzione che noi abbiamo è quella di offrire
all’elettorato una posizione precisa: moderata ma ferma,
eticamente riconoscibile. Non abbiamo una posizione unica, ma non
facciamo compromessi con nessuno. Il secondo aspetto è una
ragione territoriale: la provincia di Varese è scaduta, non ha
più quel ruolo di provincia di forte industrializzazione e di
transito per l’Europa. È stato fatto poco per gli interessi dei
cittadini. Come è stato fatto poco per l’ambiente.
Emergenza ambiente: il problema
delle rotte di Malpensa e la questione dell’inceneritore, come
vede questi due problemi?
Ai quali aggiungerei il
Parco Pineta. Per Malpensa tutte la scelte che vengono
fatte devono essere riconducibili al territorio: lo scalo deve
vivere tenendo conto della realtà in cui è inserito. Tutte le
scelte devono essere condivise. È inoltre importante che vengano
realizzati i servizi.
Per l’inceneritore: ho sottoscritto la petizione già due mesi
fa quando ancora non ero candidato. Non esiste un problema
inceneritore, esiste un'emergenza rifiuti: bisogna avere un modo
nuovo di smaltire i rifiuti. Non si può ragionare, come fa
qualcuno, "tanto ci sono gli altri": bisogna fare in
modo di produrre meno rifiuti. Non è una questione di destra o di
sinistra. L'obiettivo è uno: al posto dell’inceneritore si deve
promuovere un sistema di raccolta differenziata.
E po c'è la questione Parco Pineta, che, con Campo dei Fiori, è ormai
una realtà istituzionalizzata in una provincia ad
alto tasso di industrializzazione: dobbiamo fare di tutto per
salvaguardare quello che abbiamo. Ma per salvaguardare questi
terreni non dobbiamo farli diventare delle reliquie, dobbiamo far
sì che diventino delle realtà anche economiche come lo è il
Parco del Ticino. Dobbiamo fare in modo che la gente ci porti i soldi,
inventare nuove opportunità: facilitazioni, occasioni particolari,
agriturismo. Insomma abbiamo molto da inventare per realizzare
qualcosa di veramente nuovo.
Sul problema sempre più pressante
della microcriminalità, cosa suggerisce?
Questa piccola criminalità
deve essere combattuta con soluzioni locali come il vigile di
quartiere. Nell’ambito della microcriminalità la conoscenza
delle persone del territorio è molto importante. Ma non bisogna
trascurare che la microcriminalità si combatte anche in altro
modo: la scuola, l’educazione dove si forma socialmente una
persona. Le amministrazioni comunali devono muoversi attraverso il settore dei
servizi sociali per offrire ai giovani delle
alternative serie. Si potrebbero recuperare gli oratori, una proposta forse
di parte, ma importante. Se questi tre punti riescono a
lavorare insieme concretamente, si può ottenere qualche
risultato.
Per molti anni iscritto alla DC,
cosa le ha fatto accettare di tornare alla politica attiva?
La posizione di
Democrazia Europea nella quale mi riconosco. Ho aderito alla
fondazione fino a fare tutto il percorso fino al partito: già
nella fondazione avevo visto l’espressione politica che mi era
congeniale. Ho lasciato un partito politico che si collocava in un
certo posto nel panorama: Democrazia Europea è moderata e aperta a tutte le categorie. Dobbiamo dare delle risposte a tutto
il panorama sociale. Inoltre vi è anche l’ispirazione cristiana: io
rivedo nel movimento di D'Antoni aspetti che nel ’92 si sono persi.
Né a destra né a sinistra, dunque. E se questo partito dovesse mai
schierarsi con uno dei due poli, sarà
la volta che io me ne andrò, non sono disposto ad accettare
compromessi. Se dovessi essere eletto, non farò opposizione, ma
sosterrò quelle iniziative coerenti con il nostro modo di vedere.
Come recuperare quella parte di
elettorato deluso che sceglie di non votare?
Il livello delle votazioni
è ancora alto. Bisogna andare a votare: dare pure il voto a chi
si voglia, ma il voto è una dimostrazione di civiltà. Non si fa
alcuna dimostrazione non votando: a differenza dei referendum, le
politiche sono valide anche se votano tre persone. In Italia si
vota alla meno peggio: l’elettorato, invece, dovrebbe cercare di valutare le
persone. Io invito ad andare a votare, a votare secondo la propria
coscienza senza incorrere nella scelta del meno peggio o alla guerra pro
o contro un certo personaggio. Non ci sono scuse per non votare.
Manuel Sgarella
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